Natalina Santoro ha 20 anni ed è affetta da disabilità grave. Vive in una frazione montana di Fuscaldo, lontana almeno 20 minuti dal centro cittadino e 45 dal primo ospedale. E Graziella Oliverio, sua madre, non ha la patente. Suo padre lavora nei campi tutto il giorno, dove la linea telefonica arriva a singhiozzi, e torna a casa la sera, quando è già calato il buio. Per anni, Natalina ha usufruito dell’assistenza domiciliare per 9 ore a settimana, suddivise in 3 giorni, che era un piccolo sollievo per la famiglia. Graziella aveva il tempo di fare una passeggiata, fare la spesa, o anche solo prendere un caffè in compagnia per staccare il cervello dalla pensate routine quotidiana. Aveva soprattutto il tempo di guardare dentro di sé e trovare la forza di continuare a combattere.

 

L'assistenza domiciliare era garantita dal Comune di Fuscaldo, che a sua volta percepiva fondi regionali dal distretto socio assistenziale di Paola-Cetraro, facente capo all'Asp di Cosenza. Ma poi, a giugno scorso, di colpo l’assistenza si ferma. L'ente guidato da Gianfranco Ramundo dice che non ha più soldi da spendere. Stella Marcone, presidente dell'associazione "Mamme indispensabili", da tempo segue la vicenda e prova in tutti i modi a riattivare il servizio, ma inutilmente. Dal Comune fanno sapere che la richiesta è stata inoltrata al distretto socio-assistenziale, ente capofila nella distribuzione dei fondi per il sociale nella zona del basso Tirreno cosentino. Ma anche qui fanno sapere che le casse sono vuote e solo, dopo numerosi appelli, dicono che forse il servizio potrà essere riattivato per una sola ora a settimana. In pratica, il tempo di salutare e andare via. Ma alla fine le famiglie non possono contare neppure su questo aiuto.

La denuncia di "Mamme indispensabili"

L'associazione "Mamme indispensabili" decide di denunciare la vicenda alla nostra redazione, ma neppure questo serve a smuovere le coscienze dei burocrati calabresi. Nessuno si adopera per risolvere il problema, né al Comune, né all'Asp, né alla Regione, nessuno alza la cornetta del telefono per chiedere alla famiglia Santoro di cosa abbia bisogno. Non come accade spesso in campagna elettorale, quando la politica ricorda, puntualmente, che in quella frazione sperduta dell'entroterra cosentino c'è una famiglia che soffre e combatte per ogni giorno per sopravvivere.

 

L'appello di Graziella

Ma la donna, ormai consumata dal dispiacere, non si perde d'animo d'animo e prova ad affidare nuovamente alla stampa il suo grido di dolore: «Non chiedo niente per me né per mia figlia, voglio solo che le venga riconosciuto un diritto». E ai politici che la leggono o la ascoltano avrebbe una domanda da fare: «Perché in questa regione ci sono più fondi per le sagre che per le persone disabili?».

 

Un destino avverso

«Prima c’è la disperazione, poi la rassegnazione, altrimenti non si vive». La pensa così, mamma Graziella quando parla della storia di sua figlia Natalina, che da 17 lotta contro il destino beffardo. Quando la piccola ha 3 anni e sembra godere di buona salute, il 16 dicembre del 2001, ricorda sua madre come fosse ieri, comincia a stare male, non riesce più a camminare. All'ospedale Annunziata di Cosenza, i medici rivelano una diagnosi agghiacciante: Natalina è affetta da un tumore al cervello. Ed è maligno.

Una equipe di camici bianchi la opera due volte, il cancro sparisce ma la bimba subisce gravi danni al cervello e finirà per sempre su una sedia a rotelle. La radioterapia, inoltre, le provocherà ritardi cognitivi e crisi epilettiche di cui soffre ancora oggi.

Tra poco una nuova operazione

Per Natalina i drammi non sono ancora finiti. Tra qualche settimana, probabilmente a metà febbraio, dovrà recarsi all'ospedale Bambin Gesù di Roma per operarsi di nuovo, a causa di una cisti al cuore che le sta comprimendo vena aorta. Ma lei sorride, sorride sempre, sorride nonostante tutto. Forse perché non sa che mentre lei lotta per un barlume di dignità, chi dovrebbe prendersi cura di lei non fa neppure caso al fatto che lei sia al mondo.