Una cellula di spacciatori a Mendicino e una a Marano Marchesato. Un gruppo di pusher a Montalto-Lattarico e altri a Bisignano, San Martino di Finita e Casali del Manco, con bandierine piazzate anche in quartieri della città capoluogo come San Vito e Bosco de Nicola. Si dispiegava così, tra Cosenza e il suo hinterland, l’attività di narcotraffico della criminalità organizzata, con uno stile da grande catena di distribuzione e l’organizzazione degna di un partito: il Partito della droga. Racconta tutto questo, l’ultima inchiesta della Dda di Catanzaro e gli arresti eseguiti nelle scorse ore documentano il numero imponente di persone coinvolte in questo giro.

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Le indagini puntano, per la seconda volta, i riflettori sulla costellazione di clan che fa capo a Francesco Patitucci, con i gerarchi dell’organizzazione (Michele Di Puppo, Renato Piromallo, Roberto Porcaro e Sasà Ariello) inquadrati nelle vesti di fornitori all’ingrosso. Un ruolo analogo, però, si ritiene lo abbiano esercitato anche soggetti con competenze specifiche in materia di droga (Antonio Illuminato e Michele Rende) e altri, come Gianfranco Sganga, ritenuto a capo di un gruppo autonomo che opera nel rione San Vito. Un’offerta variegata e ampia, insomma, che si è incontrata con la domanda - altrettanto elevata - di spacciatori, incalliti o alle prime armi, reclutati in ogni angolo della provincia.    

In tal senso, si ritiene che l’attività di scouting di Antonio Illuminato sia stata tra le più prolifiche. Proprio lui, infatti, avrebbe piazzato una bandierina a Casali del Manco (Paolo Recchia) e un’altra a Bisignano, reclutando Andrea Pugliese e il suo gruppetto di spacciatori. A Rende, invece, Marco D’Alessandro operava su mandato di Michele Di Puppo, ma la sua delega si estendeva fino a Marano Marchesato dove gestire la piazza di spaccio ci avrebbe pensato Umberto Conforti. L’ipotesi è che, sempre oltre Campagnano, a smerciare hashish, cocaina e marijuana siano stati pure Adolfo D’Ambrosio e i suoi uomini. Ci spostiamo a Mendicino, dove a guidare gli spacciatori locali sarebbe stata una donna (Angelina Presta) in tandem con Antonio Caputo per arrivare poi a Carolei, centro in cui si sarebbe distinto Giuliano Caruso per conto di Gianfranco Sganga. Quest’ultimo si sarebbe mosso pure nel rione San Vito – con l’enclave di via Rubens Santoro assegnata a Carlo Bruno e Manuel Esposito – mentre sul quartiere di Bosco de Nicola, gli investigatori non hanno dubbi: era cosa dei fratelli Meduri.

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Nell’inchiesta “Recovery” figurano anche un presunto gruppo di spacciatori di San Martino di Finita e uno attivo nella zona di Montalto-Lattarico, quest’ultimo ammantato da una sorta di extra-territorialità perché ritenuto in combutta con il narcotrafficante reggino Francesco Strangio ai tempi della sua latitanza in quel di Rose. Il gip distrettuale, però, non ha dato il via libera anche a questi arresti così come auspicava invece la Dda.

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Da Mendicino a Bisignano, passando per Marano, c’è una cosa che accomuna gran parte dei soggetti coinvolti in questa vicenda: sapevano che, prima o poi, gli inquirenti avrebbero presentato loro il conto. Gli atti d’indagine che li riguardano, infatti, erano stati inseriti nel faldone della maxinchiesta “Reset”, non accompagnati dai soliti «omissis» e consultabili liberamente da chiunque. Molti di loro, dunque, aspettavano questo momento da quasi due anni.

L’operazione odierna rappresenta la summa delle inchieste antidroga svolte tra il 2017 e il 2019 dalla Procura di Cosenza guidata da Mario Spagnuolo. Diversi filoni d’indagine che, una volta emerso il coinvolgimento della ‘ndrangheta, passano per competenza alla Dda di Catanzaro e finiscono accorpati in un unico procedimento. E a proposito di Spagnuolo: Cosenza intesa come «città che galleggia sulla droga» è una delle sue espressioni più celebri, un’immagine potente che, col senno di poi, assume anche un valore profetico. A quanto pare, però, non solo Cosenza. Fuor di metafora, la situazione è addirittura più seria.