I «contatti» tra «esponenti della Curva Sud» e «ambienti della criminalità organizzata calabrese» dimostrano un «progressivo avvicinamento tra delinquenza da stadio e 'ndrangheta, che lascia pensare a sviluppi preoccupanti» e che conferma la «estrema pericolosità» del gruppo «capeggiato» da Luca Lucci, che può «avvalersi di legami di così rilevante spessore». Lo scrive il gip di Milano Domenico Santoro nell'ordinanza, notificata oggi dalla Squadra mobile milanese nell'inchiesta dei pm Storari e Ombra, con cui è stato disposto il carcere per il capo ultrà rossonero, già detenuto da fine settembre, e stavolta per l'accusa il tentato omicidio del 2019 di Enzo Anghinelli, anche lui ultrà milanista.

Per il giudice, come si legge nella parte del provvedimento sulle esigenze cautelari, Lucci è diventato un «vero e proprio padrone» di quel «territorio», ossia dello stadio di San Siro, e ha creato negli anni un «clima di intimidazione e assoggettamento». Sarebbe riuscito anche ad entrare «in contesti forieri di sempre maggiori introiti economici avvalendosi" della sua "fama criminale».

È «obiettivamente impensabile», scrive il giudice nelle oltre 120 pagine di ordinanza, «ritenere che l'azione di sangue» ai danni di Anghinelli «sia stata frutto di iniziativa autonoma di Cataldo», l'uomo di fiducia di Lucci, ma ci sarebbe stata, invece, una «precisa direttiva» del capo della Sud. E il provvedimento riporta tra le prove a carico di Lucci tutti gli elementi, tra cui intercettazioni, che si ritrovavano anche nell'ordinanza a carico di Cataldo. Per il gip il «sentimento di astio di Lucci nei confronti di Anghinelli aveva «radici risalenti».

Già nell'ottobre 2018 «Manolo Recrosio, fedelissimo di Lucci» aveva minacciato di morte Anghinelli, il quale poi subì una lunga serie di aggressioni fino allo scorso luglio, con l'ultimo pestaggio. Anghinelli, sintetizza il gip, sarebbe stato un «cane sciolto» che voleva «fare affari con la curva», minando il potere di Lucci e alleandosi a volte con Giancarlo Lombardi, ex capo ultrà detto "Sandokan", o con Domenico Vottari dei "Black Devil".

Per Lucci e i suoi quel loro “bersaglio” era anche un «infame» e questo rappresentava un altro "solidissimo movente". Anghinelli era diventato «troppo ingombrante», in particolare per uno dei business della curva Sud, ossia il traffico di droga. Tutto ciò in un contesto in cui entrambi i gruppi «in guerra» per il controllo della curva avrebbero avuto pure «rilevanti legami con articolazioni della 'ndrangheta», contatti che Lucci avrebbe avuto ancora di recente.

Agli atti le parole intercettate di Giuseppe Caminiti, legato all'esponente della 'ndrangheta Giuseppe Calabrò e arrestato a fine settembre nell'inchiesta sulle curve per concorso esterno nell'associazione per delinquere con aggravante mafiosa. Quelli «sparano di brutto» diceva, facendo riferimento a Lucci e ai suoi. "Quando c'era qualcuno che voleva fare un attimo lo scemo nella Curva del Milan ... l'han seccato! (...) è vivo ma è come un vegetale», spiegava Caminiti. Un riferimento «chiaro», secondo gli atti, ad Anghinelli.