L’inchiesta per l'agguato contro Enzo Anghinelli porta in carcere un ultrà vicino al capo della Sud Luca Lucci e svela i movimenti delle famiglie sullo sfondo: «I Barbaro-Papalia di Platì intervennero per frenare le mire di Vottari»
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Milano ‘ndrangheta: l’aggiornamento è quasi quotidiano. E anche l’ambiente attorno a cui si registrano i fatti contestati dalla Dda meneghina. Al centro delle attenzioni investigative c’è ancora una volta una guerra per mettere le mani su una curva di San Siro, questa volta quella del Milan. E, di nuovo, sullo sfondo si muovono famiglie di ’ndrangheta i cui cognomi sono buoni per ripassare l’araldica mafiosa di un pezzo di Calabria. Come per le coltellate che hanno ucciso Antonio Bellocco ma con un finale meno tragico.
Il racconto del tentato omicidio, maturato il 12 aprile 2019, di Enzo Anghinelli si snoda intorno alla Curva Sud e al predominio di Luca Lucci, il capo ultrà dello scatto cult con Matteo Salvini. Lucci ha precedenti per narcotraffico, ambizioni da promoter (che passano anch’esse dalla Calabria) e la necessità di mantenere il controllo dell’universo ultrà rossonero, (molto) più per business che per fede sportiva.
L’uomo fermato per i fatti è Daniele Cataldo, vicinissimo a Lucci. Lo stesso Lucci, in carcere dal 30 settembre nell'inchiesta sulle curve di San Siro, è indagato per concorso in omicidio. Il fermo è arrivato a seguito delle indagini della Squadra mobile di Milano, coordinate dai pm Paolo Storari, titolare della nota inchiesta sulle curve, e del collega Leonardo Lesti. Anghinelli rimase gravemente ferito dopo un agguato in via Cadore, zona Porta Romana. L'ultrà rossonero, che era a bordo della sua auto, una Ford nera station wagon, fermo al semaforo, fu affiancato da uno scooter con a bordo due persone (uno dei due sarebbe stato Cataldo, secondo l'accusa) che spararono diversi colpi, due dei quali lo colpirono ad uno zigomo e si salvò miracolosamente, dopo il ricovero in ospedale. Uscì solo due mesi dopo l'intervento.
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Gli screzi per il predominio nella Sud non sarebbero, in realtà, mai cessati. Fino allo scorso 11 luglio, quando uno degli ultrà milanisti vicini a Lucci, si sarebbe rivolto ad Anghinelli per dirgli «sei un morto che cammina...». Ennesima aggressione, oltre al tentato omicidio del 2019, riportata nel decreto di fermo della Procura milanese a carico di Cataldo.
Anghinelli si era presentato in un negozio dicendo a Lucci di «essere lì in pace». E a quel punto c’è stata, si legge, «l'immediata reazione in sostegno di Lucci» di Cataldo e Islam Hagag, anche lui ultrà milanista. Cataldo, quando Anghinelli è uscito, l'ha seguito e «colpito ripetutamente alle spalle ed alla testa con pugni, inveendo contro la vittima con frasi allusive a presunte dichiarazioni rese da Anghinelli all'autorità giudiziaria, in ordine al suo tentato omicidio, contro la Curva Sud ed i suoi componenti, facendolo rovinare per terra».
Anghinelli, scrivono ancora i pm, aveva anche una gamba ingessata quel giorno. Dopo il pestaggio Hagag gli avrebbe detto «sei un morto che cammina», scattando anche «fotografie alla targa della sua auto con il probabile intento di una successiva ritorsione». Hagag è uno degli ultrà più vicini ad ambienti calabresi contigui alla ’ndrangheta. Amico di Fedez, le sue trasferte nella Locride sono spesso state legate all’organizzazione di eventi musicali in Calabria: l’inchiesta Doppia Curva ha documentato i suoi contatti con diversi promoter.
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Nel magma della curva milanista si muovono pezzi di criminalità che spesso entrano in conflitto. Anghinelli è finito più volte nel mirino. Oltre al tentato omicidio e all'episodio del luglio scorso, a sette ultrà rossoneri, a vario titolo, vengono contestate altre due aggressioni, tra il 2018 e il 2019, sempre ai suoi danni di Anghinelli.
Tra l'altro, si legge sempre nel decreto, il progetto di Domenico Vottari, a cui era vicino Anghinelli, di "scalare" la curva milanista «avrebbe scatenato l'immediata reazione del duo Lucci-Lombardi» che, «forti di aderenze alla criminalità organizzata, avrebbero sollecitato l'intervento di personaggi intranei alle famiglie platiote di 'ndrangheta Barbaro-Papalia per indurre Vottari» a «rinunciare ai propri propositi».
È lo stesso Luca Lucci a parlare, in un'intercettazione che risale al 2023 ed è agli atti dell'indagine, della «guerra» - riassumono i magistrati - «condotta contro di lui da Lombardi Giancarlo», ex capo della Sud, in alleanza con «Vottari Domenico, Anghinelli Enzo, Verga Alessandro e recentemente con Calaiò Nazzareno», quest'ultimo condannato di recente per traffico di droga. Nelle carte dell'inchiesta dei pm Storari e Ombra, di Polizia e Gdf, su traffici illeciti e violenze degli ultras, dunque, già era comparso il riferimento ad Anghinelli come in contrasto con Lucci per la "scalata" al vertice della curva.
Agli atti ci sono anche intercettazioni in cui parla Giuseppe Caminiti, anche lui arrestato nell'inchiesta sulle curve e legato all'esponente della 'ndrangheta (secondo i pm, ma non ha mai ricevuto condanne per associazione mafiosa) Giuseppe Calabrò. E fa riferimento a Lucci e «alla sua scalata al vertice della tifoseria organizzata degli ultras rossoneri, specificando che, in seno a questi gruppi, sarebbe maturato un tentato omicidio di un tifoso, verosimilmente individuabile in Anghinelli».
Caminiti diceva, infatti, nel 2020: «Lui (Lucci Luca, ndr) è cresciuto nel Milan... però ha fatto piazza pulita... loro sono una bella batteria (...) loro adesso si può dire che... non è che vanno tanto quei due .. quei due di là.. vanno tanto di là a fare gli scemi!... Anche perché abbiamo visto i risultati eh! .. Quando ci so' stati.. quando c'era qualcuno che voleva fare un attimo lo scemo nella Curva del Milan.. l'han seccato! (...) l'han seccato.. l'han sparato ... è vivo.. è vivo ma è come un vegetale».
Come ricostruito negli atti, un «nuovo arresto di Lucci, nel 2021, conduceva a un secondo tentativo di Lombardi», detto "Sandokan", «di soppiantarne la posizione, adducendo, peraltro, che vi fossero state scorrettezze del Lucci nella gestione degli introiti della curva e delle coreografie».
Anche in questo caso, «Lucci riteneva che si fosse trattato di un'azione organizzata dai rivali, per metterlo fuori gioco, partendo dalle dichiarazioni di Anghinelli (vittima di tentato omicidio, si ricorderà) e dal tam tam organizzato dalla parte avversa».