Roberto Porcaro, ex collaboratore di giustizia, in una lettera indirizzata al gup Fabiana Giacchetti, giudice che presiede il rito abbreviato di "Reset", spiega le ragioni che lo hanno portato a fare un passo indietro. L'ex "reggente" del clan "Lanzino-Patitucci" di Cosenza dice di aver avuto un "calo psicologico" per le presunte ingiustizie patite in questi anni a seguito della forte pressione giudiziaria perpetrata soprattutto dalla Dda di Catanzaro, e in parte dalla Dda di Reggio Calabria, relativamente all'inchiesta "Crypto".

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«In circa 9 anni sono stato raggiunto da 9 ordinanze. La pressione psicologica dovuta a queste ingiustizie e angherie - scrive Porcaro nella missiva acquisita agli atti del processo che si sta svolgendo presso l'aula bunker di Catanzaro - hanno scaturito in me un calo psicologico, di serenità, di umore e di salute. Avevo pensato che l'unica soluzione per risolvere queste ingiustizie era scegliere quel percorso per essere lasciato in pace da questa persecuzione». Da qui la decisione di collaborare per qualche mese.

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«La procura - aggiunge Roberto Porcaro - man mano inseriva, non capisco a che fine, nelle ordinanze vicende strettamente personali e familiari, io nei processi sentivo parlare sempre di questi eventi, che ribadisco non hanno niente a che fare con vicende criminali o legate a reati presunti. Io certamente - spiega l'ex pentito - sono stato un giovane un po' esuberante, ma posso dire con assoluta certezza che non sono la persona che descrive la procura. Iniziando quel percorso mi sono accorto che si devono dire tante bugie», afferma il collaboratore tentando di screditare l'operato dei magistrati antimafia, «ma dopo circa 2 mesi dall'inizio di quel percorso mi sono accorto che dire bugie non è mestiere che fa per me. Non riesco a capire come chi inizia quel percorso e dice tante bugie, come fa, ad essere sereno, quello che dico è riscontrato sulla mia pelle, essendo accusato da "collaboratori" come Greco, Barone e ne potrei menzionare altri. Loro sanno bene che le cattiverie e bugie dette su di me sono frutto di atti e di giornali».

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«Io, in tutte le dichiarazioni che ho reso, ho detto solo bugie, frutto della lettura delle ordinanze a me pervenute, quindi sono un gran conoscitore di atti, in più leggevo giornali online e giornali cartacei, a questo ho aggiunto una fantasia esagerata. Spero solo che chi continua a dire bugie si passi la mano sulla conoscenza e dicesse la verità».

Porcaro quindi nega di far parte di un'associazione mafiosa operante tra Cosenza e Rende, denominata "Lanzino-Patitucci". «Io non faccio parte di nessuna associazione, non ho alcun gruppo, non sono mai stato affiliato, quelle falsità da me dette in tutte le mie dichiarazioni sono riconducibili alla lettura di giornali online, di giornali cartacei e di ordinanze a me pervenute, ormai "purtroppo" tutto questo è alla portata di un bambino di 10 anni, andare su internet e leggere. Con questo manoscritto ho chiarito definitivamente il mio dire dell'udienza del 12/10/2023. Sono nel carcere di Terni, quindi definitivamente uscito da quel "limbo" di poca chiarezza», conclude l'ex collaboratore.