Il collaboratore di giustizia è accusato del delitto di sangue accaduto nel 2009 che si inquadra nello scontro tra le famiglie dei Cossari e dei Caterisani egemoni nella zona
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Dodici anni di reclusione è la pena invocata dal pubblico ministero, Debora Rizza, nei confronti di Santino Mirarchi, collaboratore di giustizia e accusato dell’omicidio di Luigi Grande. Questa mattina si è svolta una nuova udienza del procedimento che si sta svolgendo con rito abbreviato dinnanzi al Gup, Antonio Battaglia. Le parti civili nel processo sono rappresentate dal'avvocato Anselmo Torchia mentre Santino Mirarchi è assistito dall'avvocato Michele Gigliotti
La faida
Secondo la ricostruzione della Procura, l'omicidio si inquadrerebbe nella sanguinosa faida consumatasi nel territorio di Borgia e Roccelletta, in provincia di Catanzaro tra il 2005 ed il 2010. Anni in cui la figura di Massimo Falcone emergeva quale esponente di spicco della famiglia Cossari, killer conosciuto per la sua capacità criminale e per la significativa spregiudicatezza. Falcone stava trascorrendo in Sila, all'interno del villaggio Lagomar, la sua latitanza quando fu raggiunto da due killer e giustiziato assieme al cugino Davide Iannoccari. Questo evento diede inizio al sanguinoso scontro tra il gruppo Cossari e la falange ‘ndranghetista guidata da Nando Catarisano.
L'omicidio
La risposta dei Catarisano non si fece attendere. Ed infatti nell’agosto 2009 fu dapprima sequestrato e poi ucciso Giuseppe Fraietta cognato di Santo Mirarchi il quale venne a sapere che quella sera di agosto ad assistere al sequestro del cognato vi era proprio Luigi Grande, amico di vecchia data di Fraietta, che vantava uno strettissimo legame con il clan guidato da Catarisano. Secondo, quanto ricostruito il 12 agosto dopo aver prelevato Luigi Grande dalla propria abitazione Mirarchi si sarebbe recato assieme alla vittima in località Manganella di San Floro, dove consumò il suo proposito delittuoso, malmenando Grande con un legno, legandolo col fil di ferro, al fine di conoscere i dettagli del rapimento e il nome degli autori.
La richiesta di pena
Una volta ottenute informazioni utili e ben comprendendo che quelle azioni avrebbero avuto conseguenze avrebbe sparato due volte in testa alla vittima per poi provare a bruciarne il cadavere, ritrovato in forma scheletrica solo nel novembre del 2009. Oggi la Procura per quell’omicidio ha chiesto la pena di 12 anni di reclusione, diminuita per la scelta del rito e per il riconoscimento dell’attenuante della collaborazione essendo contestata l'aggravante del metodo mafioso.