VIDEO | Una sentenza storica quella ottenuta dalla famiglia Trento illustrata a Catanzaro alla vigilia della giornata mondiale per le vittime della strada. Le responsabilità di quelle tragiche morti imputate all’ente proprietario della strada
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«16 anni fa, lungo un tratto della SS 106 a Cariati c’è stato un incidente, era il 30 dicembre. Persero la vita mio fratello Giuseppe e un suo amico, altri due rimasero feriti – racconta Luigi Trento -. Da allora è partito l’iter giudiziario per stabilire le cause e soprattutto le responsabilità. Oggi dopo 16 anni finalmente siamo arrivati ad un punto fermo ed è stato stabilito che la responsabilità è da imputare al gestore della strada per mancata manutenzione, per mancata segnalazione del pericolo e soprattutto per la mancanza del guardrail che da lì a poco sarebbe stato installato, ha causato l’incidente. In più in quel punti si erano già verificati una serie di incidenti anche prima e dopo. Solo successivamente è stato installato il guardraill che era stato tolto qualche anno prima». Aveva 26 anni Giuseppe Trento, un giovane di Cariati vittima della SS 106. A stabilirlo una sentenza storica per l’associazione Basta vittime sulla SS 106 che alla vigilia della giornata mondiale delle vittime della strada istituita dall’Onu la terza domenica di novembre, nel corso di una conferenza stampa a Catanzaro nel corso della quale sono intervenuti anche la presidente della Fondazione Fidapa Maria Candida Elia e il legale Nicola Candiano del foro di Castrovillari, ha voluto lanciare un appello ai cittadini e ribadire che indipendentemente dalla condotta di guida del conducente, sull’asfalto si continua a morie per gravi carenze di manutenzione e difetti di costruzione di una arteria che solo nel 2019 ha registrato 12 vittime.
L'appello ai cittadini calabresi
«E’ una sentenza molto importante che mette nelle condizioni l’Anas di essere responsabile di quello che è accaduto. Viene dimostrato in modo scientifico che ci sono molti punti sulla SS 106 dove, a prescindere dalla condotta del conducente, si può morire. E’ un dato allarmante. Su molti di questi punti siamo riusciti a far intervenire l’Anas che ha risolto il problema evitando altre vittime, ma ne restano purtroppo tantissimi disseminati su tutta l’arteria in Calabria. Noi vogliamo rivolgere un appello ai cittadini calabresi: quando ci sono incidenti, soprattutto se mortali, capiamo il dolore ma serve la forza di intentare subito un’azione giudiziaria, serve verità e giustizia perché è necessario che chi ha sbagliato paghi. Quando c’è una responsabilità oggettiva di chi è proprietario della strada, questa deve essere assolutamente rivendicata perché evita che altri si possano trovare in quella stessa situazione, a volte tragica».
Il dolore dei familiari delle vittime
In sala anche la mamma e nonna del piccolo Matteo Battaglia morto a 12 anni nel 2013, travolto da un suv guidato da un rumeno, davanti agli occhi dei suoi cari. «Io non ho avuto giustizia per mio figlio – dice la signora Giusy -. Gli hanno dato 2 anni e 4 mesi, arresti domiciliari. Solo sei mesi di carcere ha fatto. Questa non è giustizia». «E’ un dolore che si rinnova ogni giorno, era una ragazzino attivo – aggiunge la nonna – era sempre con noi, giocavamo insieme». E Giuseppina, mamma di Rosaria Mandile morta dopo un mese di agonia dopo essere stata falciata da un’auto a Catanzaro lido. «Quella sera mia figlia era uscita con i fratelli e le cognate. Il suo destino è stato crudele. Era bellissima, aveva 29 anni, si voleva sposare. Faceva volontariato, aiutava tutti, ha aiutato pure i drogati e lei è morta per mano di un drogato. Gli hanno dato 2 anni e 8 mesi perché dicono che è un ragazzo. E mia figlia a 29 anni non era una ragazza, per di più una ragazza di valori? Era bella e intelligente, aveva tutte le doti. La nostra è una famiglia distrutta, i fratelli si sentono in colpa. Spero che ci sarà la giustizia divina a risarcire questa ragazza perché se lo merita».