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Solo pochi giorni fa, Reggio Calabria ha ospitato una manifestazione per molti passata sotto traccia. Non c'erano vessilli, non c'era il solito "parterre de roi" che costella gran parte delle passerelle dell'antimafia. Nell'agorà più importante, sono arrivati soltanto semplici cittadini, con i loro volti puliti e pieni di speranza. Perché sullo Stretto, da qualche settimana, inizia a tirare un'aria nuova, decisamente più pulita. Abbiamo avuto modo di parlarne diffusamente con gli approfondimenti relativi all'operazione "Mamma Santissima" che ha svelato per la prima volta l'identità dei cosiddetti riservati della 'ndrangheta, ossia quei personaggi "invisibili" che dettano le strategie criminali poi attuate anche dal braccio armato della criminalità organizzata calabrese. Ma la sensazione è che la Dda di Reggio non abbia assolutamente intenzione di chiudere qui la partita. E che ciò non sia soltanto una deduzione del cronista, lo si capisce facendo un passo indietro. Precisamente al 19 luglio scorso, quando, nel corso di un'altra bella manifestazione promossa dal movimento ReggioNonTace (ce ne fossero di realtà così in Calabria...), il procuratore Federico Cafiero de Raho, dopo le bordate del suo sostituto Giuseppe Lombardo, ha lanciato una frase sibillina che, però, per gli addetti ai lavori dice tantissimo.
Cafiero si è soffermato un momento e poi si è lasciato andare: «Ci sono altri segmenti che dovremo affrontare, come servizi segreti e pezzi di istituzioni». Sì, avete capito benissimo: il capo della Dda di Reggio Calabria ha detto a chiare lettere che l'attività del suo ufficio, adesso, si sta spostando dal versante del grumo di potere vero e proprio a tutte quelle ramificazioni che gli hanno consentito di crescere e diventare ciò che è stato sino a poco tempo fa. E quelle due categorie, servizi segreti e istituzioni, non lasciano presagire nulla di buono per tanti a Reggio Calabria.
Tralasciamo per un momento l'aspetto storico e delle ricostruzioni e limitiamoci a citare solo alcuni importanti episodi. Che Reggio sia stata la culla dei servizi segreti (più o meno deviati) nel corso degli ultimi quarant'anni è cosa nota. Che la città dello Stretto sia stata il centro di alcuni inconfessabili intrecci di potere massonico-mafiosi è altrettanto noto. Che a palazzo San Giorgio, nel 2004, quell'ordigno rappresentasse qualcosa di diverso da una mera intimidazione è ormai un dato di fatto confermato dai magistrati. A ciò aggiungiamo il ruolo ambiguo di un uomo come Giovanni Zumbo, lo "spione" che bazzicava in ambienti di servizi, aveva importanti addentellati nelle stanze del potere e spifferava notizie ai boss. Ne trarremo un quadro composito che sembra sufficiente per comprendere quanto e come ci sia ancora da lavorare per portare a casa risultati di un certo rilievo. Finita qui? Nemmeno a parlarne. Perché se è vero che Cafiero ha citato i servizi (non è una novità in assoluto), lo stesso procuratore non ha mancato di far riferimento anche a pezzi di istituzioni. A cosa alludeva il capo della Dda? A quale tipo di appartenenti alle istituzioni? Forze dell'ordine? Magistrati? Altre categorie? Non possiamo certo saperlo oggi, ma di sicuro c'è che occorreranno ancora dei mesi prima di poter vedere la concretizzazione di uno sforzo investigativo e di coordinamento senza precedenti a Reggio Calabria.
E che si tratti di qualcosa di nuovo che aleggia sui cieli dello Stretto, lo si intuisce proprio dalla risposta della società civile: dall'incontro organizzato da ReggioNonTace viene fuori la voglia di far scendere in piazza tante persone comuni, messe assieme solo dal desiderio di far sentire la vicinanza ai magistrati della Procura. Non era quasi mai accaduto. Di certo, non quando si sono toccati uomini così potenti e temuti in tutta la città. Oggi sembra non essere più così e chissà che non vi sia davvero una nuova presa di coscienza da parte di tutti.
I magistrati hanno lanciato un nuovo guanto di sfida: «Puntiamo a servizi segreti e istituzioni», hanno ribadito. A noi sembra che i primi passi di risveglio di una città dormiente e a tratti connivente, stiano cominciando ad arrivare. È ancora troppo poco per illudersi, ma non certo per sperare fiduciosi che sia davvero la volta buona.
Consolato Minniti