FOTO | Anche il procuratore Gratteri atteso in aula al fianco dei pm De Bernardo, Frustaci e Mancuso. Sono 343 gli imputati per i quali viene conclusa la requisitoria. Le arringhe dei difensori prenderanno avvio già domani
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Due anni e mezzo per concludere il dibattimento ed entrare nel vivo della discussione. Il maxiprocesso Rinascita Scott farà sì scuola per i numeri (di imputati e contestazioni di reato) e gli imprevisti (la pandemia da Covid 19), ma anche per la sua straordinaria celerità: fino a cinque udienze settimanali, alcune protrattesi fino a dodici ore, e pause ridotte al minimo. Tanto, tantissimo, una evidente controtendenza nell’Italia della giustizia lumaca. Merito, soprattutto, di una terna giudicante composta da sole donne.
Costretta ad astenersi sin dalle battute iniziali la presidente della Sezione penale del Tribunale di Vibo Valentia Tiziana Macrì, le subentrò la giovane collega Brigida Cavasino, con a latere Claudia Caputo e Gilda Romano. Subentrate cause di incompatibilità anche per il giudice Romano, ecco Germana Radice a completare il collegio, davanti al quale proprio nella giornata odierna la Procura di Catanzaro (è attesa la presenza del procuratore Nicola Gratteri al fianco dei pm Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Mancuso) formulerà le sue richieste di pena all’epilogo della sua requisitoria.
Sono 343 gli imputati, dopo lo stralcio delle posizioni di due figure chiave (il presunto “capo dei capi” della ‘ndrangheta vibonese, Luigi Mancuso, ed il presunto boss di Zungri Peppone Accorinti) che saranno processati in un procedimento parallelo, il non luogo a procedere per un imputato non in grado di stare in giudizio per motivi di salute (l’imprenditore Domenico Naso) e la riunione di altri procedimenti che hanno fatto lievitare il numero degli accusati: figure di primissimo calibro della ‘ndrangheta nella provincia di Vibo Valentia (un nugolo di boss e soldati), ma anche esponenti di spicco della politica (l’ex parlamentare Giancarlo Pittelli, l’ex consigliere regionale Pietro Giamborino, l’ex assessore regionale Luigi Incarnato, l’ex sindaco di Pizzo Gianluca Callipo) e delle istituzioni (il colonnello dei carabinieri Giorgio Naselli, l’ex maresciallo della Guardia di finanza e agente dei Servizi segreti Michele Marinaro e gli ex comandanti delle Polizie municipali di Vibo e Pizzo Filippo Nesci e Enrico Caria).
Rinascita Scott | Le “manine” della ’ndrangheta nelle istituzioni: continua la requisitoria al maxiprocesso
Le accuse spaziano dall’associazione mafiosa al concorso esterno, fino a reati in materia di droga e armi, usura, estorsione, tentato omicidi, intestazione fittizia di beni… Capisaldi dell’accusa, le attività di indagine esperite dai carabinieri del Ros Centrale e del Reparto anticrimine di Catanzaro e dal Nucleo investigativo di Vibo Valentia. Rinascita prese così avvio dalla scarcerazione, nel luglio del 2012, di Luigi Mancuso, che – secondo il costrutto accusatorio – avrebbe riaggregato tutte le grandi famiglie della Provincia di Vibo Valentia sotto l’egida di un solo Crimine del quale sarebbe stato il vertice. Le attività investigative si concentrarono inizialmente sui suoi uomini di fiducia, in particolare su Pasquale Gallone (processato con rito abbreviato e condannato in primo grado a trent’anni di carcere) e Giovanni Giamborino (tra gli imputati del procedimento con rito ordinario). Al filone Rinascita venne presto affiancato il filone Scott (dal nome di un agente della Dea statunitense che aveva collaborato con il Ros e che scomparve improvvisamente e prematuramente in un incidente stradale). Rinascita Scott offrì presto le chiavi per riaprire e chiudere altri procedimenti archiviati e assorbì ulteriori filoni di indagine aperti sul territorio: emblematico il fascicolo Revolution, curato dalla Polizia penitenziaria unitamente ai carabinieri, che svelò l’esistenza di un’organizzazione ‘ndranghetista fondata e attiva dentro il carcere di Vibo Valentia.
Da una mappatura delle cosche aderenti al Crimine di Vibo Valentia alle nuove leve di una ‘ndrangheta tornata a dettar terrore e legge attraverso la ferocia delle armi. La notte del 19 dicembre 2019 il maxiblitz. In tutto 479 indagati, dei quali solo venti sono stati scagionati all’esito del processo di primo grado celebratosi in abbreviato e conclusosi con settanta condanne. Gli altri imputati, tutti in ordinario. Sono quelli per i quali oggi la pubblica accusa concluderà con la propria richiesta di sentenza. Sin da domani, invece, le arringhe dei difensori.