«Due persone fiaccate dai maltrattamenti subiti». Così il pubblico ministro Antonio De Bernardo ha definito Michele Marcello ed Eleonora Francesca Marcello, vittime, secondo il racconto dell’accusa, di una tentata estorsione, aggravata dal metodo mafioso, compiuta ai loro danni da quattro imputati del procedimento Imponimento: l’imprenditore Emanuele Stillitani, l’imprenditore ed ex sindaco di Pizzo (dal 1997 al 2002) ed ex assessore regionale Francescantonio Stillitani, Vincenzino Fruci, considerato elemento di vertice della cosca Anello-Fruci di Filadelfia, e il collaboratore di giustizia Francesco Michienzi (gli ultimi due giudicati con rito abbreviato e su questo fatto è stata dichiarata la prescrizione).

La manovra a tenaglia

La vicenda è stata trattata per oltre un’ora nel corso della requisitoria come esempio del modus operandi degli Stillitani e della cosca per allontanare chiunque fosse scomodo. Una «manovra a tenaglia», l’ha definita il pm, che porta le vittime allo sfinimento.
Così il desiderio di realizzare uno stabilimento balneare si trasforma in una estenuante battaglia contro, da un lato il potere politico di Francescantonio Stillitani, in veste di sindaco di Pizzo, e dall’altro contro la violenza della cosca, il cui braccio sarebbe stato armato, però, sempre dal volere degli Stillitani. Ma procediamo con ordine.

Leggi anche

«Ostruzione amministrativa e ostruzione materiale»

Nel 1999 Michele Marcello ottiene dalla Guardia Costiera la concessione demaniale per un lembo di spiaggia sul quale lui e la figlia Eleonora, desiderano realizzare la struttura balneare. Una struttura che, però, si sarebbe andata a trovare proprio sulla traiettoria del villaggio turistico che gli Stillitani avevano dato in gestione alla Club Mediterranee sa.
Michele è già noto come ristoratore, mestiere che passerà a sua figlia. De Bernardo ricorda le lacrime e la frustrazione di Eleonora Marcello nel corso della sua deposizione al processo.

Ottenuta la concessione demaniale i due non riescono ad ottenere la concessione da parte del Comune e il piano spiaggia non ricomprende la particella sulla quale doveva sorgere lo stabilimento.
I Marcello resistono all’«ostruzione amministrativa», riescono ad andare avanti dopo una serie di stop and go col Comune. Ma ben presto di presenta un’«ostruzione materiale»: non riescono a raggiungere il luogo in cui far sorgere lo stabilimento perché le vie d’accesso sono «entrambe oggetto di deposito di detriti». Marcello interessa della cosa il Comune e fa denunce contro ignoti.

L’incendio

L’imprenditore, racconta il pm, «cerca imperterrito di completare la struttura e a maggio 2005, quando è quasi completata, tutto va in fumo. Letteralmente. La struttura è stata incendiata».
Michele Marcello sporge denuncia anche questa volta. E avvia un’interlocuzione sia col Comune che con la Prefettura, col prefetto che a un certo punto «gli dice “le auguro che vinca la sinistra” alludendo chiaramente al fatto che finché Francescantonio Stillitani poteva avere una voce in capitolo difficilmente avrebbe risolto i suoi problemi».

Stillitani si propone come «risolutore della vicenda»

Francescantonio Stillitani fin dal primo momento ha «portato avanti parallelamente le attività di ostruzionismo materiale perché è sempre dal versante Stillitani che arriva l’input per fare tutti questi atti, fino all’incendio. Parallelamente comincia quest’opera di lavorio ai fianchi di Marcello e della figlia». Stillitani si propone come «risolutore della vicenda».
Sugli stop&go spesso Marcello riesce a ottenere ragione, tanto che porta quasi a compimento il lido. «Tuttavia tutto questo è accompagnato – dice il pm – da una continua pressione su Marcello facendogli intendere che non avrebbe risolto mai questo tipo di problemi che però una soluzione poteva essere lui (Francescantonio Stillitani, ndr) che se gli avesse ceduto la concessione, se si fosse messo sotto la sua ala protettrice, avrebbe potuto risolvere questi problemi, che la figlia l’avrebbe fatta lavorare nel ristorante del Club Med». Promesse da un lato e prospettazione di irrisolvibilità della vicenda amministrativa dall’altro «che lasciava Marcello nella convinzione, poi vedremo fondata, che da quella vicenda non sarebbe uscito vincitore. Perché o avrebbe dovuto cedere a Stllitani, o non avrebbe portato avanti la sua iniziativa imprenditoriale».

Leggi anche

Chi si interessa alla concessione

Marcello è al Comune 365 giorni all’anno. «“Lì ho appreso – ricorda la testimonianza il pm - che c’era l’avvocato Esposito con Franco Di Leo (non imputati, ndr)”, altro personaggio che ricorre nelle dichiarazioni anche dei collaboratori “che erano andati in ufficio tecnico a chiedere spiegazioni di questa concessione”. Uno – ricorda il pm – era l’avvocato del Club Med e l’altro aveva degli appalti all’interno del Club Med ed era anche una persona che si dava da fare per l’ufficio tecnico per il Comune. Oggi è presidente della Protezione civile».
La linea di Stillitani, dice il pm «è quella che solo attraverso di lui si può stare tranquilli».

«Questo lido non deve aprire»

Il collaboratore di giustizia Giuseppe Comito (che ha lavorato come guardiano al Club Med) racconta il 4 marzo 2022 che tra i due villaggi che interessavano gli Stillitani «c’era sto lido sulla spiaggia». «Ricordo – dice Comito – che c’era preoccupazione del dottore Stillitani che se avesse aperto questo lido sarebbe un casino… Mi ricordo che il dottore Stillitani si era adoperato tramite Franco Di Leo, di Pizzo, di vedere se c’erano tutte le concessioni, se era tutto a posto. Come era potuta succedere una cosa del genere».
Comito dichiara di avere sentito Emanuele Stillitani dire «che questo lido non doveva aprire» perché il Club Med «non voleva nessun estraneo vicino alla loro struttura». Poi l’ordine di bloccare le vie d’accesso agli operai che dovevano fare i lavori al lido lo diede Nino Accorinti ai guardiani del Club Med.

Leggi anche

Il racconto dei pentiti sul blocco delle vie d’accesso al lido

Il collaboratore racconta come si siano adoperati per chiudere la strada di accesso al lido «tutti, Nino Accorinti, Emanuele, ci siamo adoperati perché era nostro interesse chiudere quella strada». «Ricordo che vennero messe delle tavole con i chiodi un pochettino più avanti dove c’era il lido in modo che gli operai capissero di non venire più qua. Sono stati fatti più atti di impedimento…». Il pentito racconta che venne usato anche un trattore che era di proprietà degli Stillitani.

A febbraio 2022 un altro collaboratore, Michienzi racconta che «abbiamo iniziato a creare difficoltà con i mezzi». «Da un reato di passa a un altro», spiega il pm. «Giuseppe Fruci si doveva comprare una casa – dice Michienzi – gli hanno cercato una cifra enorme e per sottovalutare il prezzo della casa mandò a incendiare la casa e gliela pagò 40 milioni, una fesseria. E tutto quel materiale – dice Michienzi – di roba bruciata io andavo e lo scaricavo là, in quella strada per rendere impossibile il passaggio a questo Michele». «Coi resti dell’incendio doloso fanno gli ostacoli per Marcello», commenta il pm.

Il pm: «Vicenda esempio del rapporto tra gli Stillitani e le cosche»

Il gup in abbreviato ha dichiarato la prescrizione di questa tentata estorsione. In requisitoria il pm ha sottolineato che la data del 2005, relativa all’incendio, come data della condotta estorsiva è sbagliata perché andrebbe calcolata al 2007: il momento in cui i Marcello hanno definitivamente desistito dall’iniziativa imprenditoriale e fanno un’offerta al Club Med.
«Ma quello che qui ci interessa – aggiunge De Bernardo – è il significato straordinario di questa vicenda circa il rapporto tra gli Stillitani e le cosche di riferimento».