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La primula rossa di Cosa Nostra, ricercato dal 1993, avrebbe trascorso un periodo di latitanza in Calabria. A rivelarlo uno degli arrestati nel blitz disposto dalla Dda di Palermo, durante un'intercettazione. «Era in Calabria ed è tornato», avrebbe dichiarato l'indagato finito nelle maglie dell'operazione coordinata dalla Procura antimafia che ha portato all'arresto di 22 tra boss e fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro.
Il soggetto intercettato aggiunge che, durante la sua permanenza in Calabria, il padrino di Castelvetrano avrebbe incontrato "cristiani" (persone). Durante la conversazione i due intercettati commentano il contenuto di un pizzino - successivamente distrutto - in cui ci sarebbero state scritte le disposizioni del superlatitante su alcune importante questioni riguardanti la gestione del mandamento mafioso. Dall'inchiesta emerge un dato già acquisito per certo nel corso delle operazioni precedenti, vale a dire che Matteo Messina Denaro, fin dagli albori della latitanza, non ha mai interrorrotto le comunicazioni con i suoi "picciotti", con i quali vige la regola aurea della distruzione immediata di ogni traccia di contatto.
Lo.C.
Servizio di Consolato Minniti