Nell’inchiesta della Procura di Catanzaro emerge il caso del versamento di 550 euro per poter risiedere stabilmente nell’appartamento di un parente deceduto. Per due volte, inutilmente, gli indagati avrebbero fornito certificati non idonei al Comune
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Non solo a Catanzaro. Il mercimonio delle case popolari, racconta l’inchiesta della Procura di Catanzaro, avrebbe trovato spazio anche a Lamezia Terme dove Raffaela Trapuzzano, delegata Aterp per l’area di Lamezia, e Vincenzo Celi, funzionario nell’ufficio Patrimonio dell’Agenzia, sono accusati di concussione per aver costretto una donna a consegnare 550 euro per avere il rilascio dell’autorizzazione di un alloggio. Il gip, però, non ravvisa il reato di concussione ma quello di corruzione, affermando chiaramente che l’accordo corruttivo emerge anche con la consapevolezza della presunta vittima la quale, scrive il giudice, non solo non si sarebbe sottratta alla proposta della Trapuzzano ma avrebbe versato per due volte la somma richiesta dalla dipendente Aterp.
Ma procediamo con ordine.
Lo zio deceduto e la richiesta di abitare nel suo appartamento
Nel 2022 una signora di Lamezia Terme chiede a Trapuzzano di poter abitare, anche solo temporaneamente, in un appartamento in via Nicotera di cui era stato assegnatario uno zio deceduto.
Gli investigatori captano una conversazione tra la donna e il funzionario Manlio Severino. Lei lo dice chiaramente: le sono stati chiesti 550 euro anche se è stato tutto inutile.
Severino, qualche giorno dopo, va a parlare con Celi dell’alloggio di via Nicotera e spiega che la signora vuole restituire l’appartamento. Dice anche di essere a conoscenza di particolari che riguardano la collega Trapuzzano. Quando i due parlano a quattrocchi Severino dice che la collega prende soldi per le pratiche.
Le promesse in cambio di denaro per il “disturbo”
Sentita dai carabinieri del Comando provinciale di Catanzaro, la signora di Lamezia racconta di avere chiesto di poter abitare, anche temporaneamente, nello stabile dello zio ma la Trapuzzano le avrebbe prospettato la possibilità di una residenza stabile grazie a un certificato, da depositare in Comune, nel quale si attestava la convivenza con lo zio della donna e della figlia. Grazie allo strumento dell’ampliamento del nucleo familiare l’alloggio sarebbe rimasto nella disponibilità della nipote del deceduto.
La funzionaria si sarebbe fatta consegnare 250 euro, racconta la donna, giustificando la somma per pagare marche da bollo e anche il disturbo arrecato al collega di Trapuzzano, ovvero Celi, che avrebbe dovuto produrre il certificato falso.
I certificati respinti dal Comune
Al Comune, però, avrebbero detto alla signora che il documento non era idoneo. Questa si sarebbe rivolta di nuovo a Trapuzzano. In tale occasione, al prezzo di 300 euro, sarebbe stato consegnato un secondo documento, anche questo giudicato non idoneo dai dirigenti comunali.
I funzionari comunali sentiti dalla Procura
A marzo 2023 il sostituto procuratore Stefania Cardarelli ha ascoltato la dirigente del Comune la quale ha spiegato che le pratiche avviate dalla signora non erano ricevibili perché non si poteva parlare di ampliamento di nucleo familiare essendo lo zio, titolare dell’alloggio, già deceduto.
Un’altra dipendente del Comune ha poi affermato di aver ricevuto una chiamata da parte della Trapuzzano la quale avrebbe insistito perché si procedesse con il trasferimento. Non solo. Un’altra impiegata ha dichiarato che la funzionaria, in virtù di una conoscenza pregressa, si sarebbe recata personalmente nel suo ufficio per invitarla a effettuare il cambio di residenza.
Non concussione ma corruzione
Secondo il gip sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di corruzione. Una corruzione rappresentata dalla somma di 550 euro versata, consapevolmente, dalla donna ai due pubblici ufficiali, Trapuzzano e Celi, i quali avrebbero compiuto atti contrari ai propri doveri d’ufficio, ovvero la redazione di certificati per l’ampliamento del nucleo familiare.