FOTO | Il magistrato è intervenuto a Roma al corso organizzato da Fondazione Magna Grecia e ViaCondotti21: «Draghi dica se vuole combattere la criminalità o vuole continuare con il trend delle maglie larghe» (ASCOLTA L'AUDIO)
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«Nel suo discorso di insediamento Draghi non ha detto una sola volta la parola mafia. Ha un piano? Una visione? Vorremmo sapere se ha delle proposte per contrastare le mafie, ma credo che la giustizia e la sicurezza non interessino a questo Governo e che Cartabia non sia il ministro che serviva all’Italia. Appena nominata ha incontrato il Garante dei detenuti e Nessuno tocchi Caino, i magistrati li ha incontrati dopo un mese. Non cambia nulla? Forse. Ma la forma è sostanza. E questo fa capire l’indirizzo di questo Governo».
Inizia così l’intervento di Nicola Gratteri, procuratore di Catanzaro, al corso “Le mafie ai tempi dei social”, organizzato da Fondazione Magna Grecia e ViaCondotti21 con il Gruppo Pubbliemme, Diemmecom, LaC Network e l’Università Luiss, andato in onda in diretta streaming su LaCNews24.
Gratteri, sotto scorta da più di 30 anni e da sempre obiettivo numero 1 della ‘ndrangheta, ha parlato questa mattina all’Università Luiss Guido Carli di Roma con Paola Bottero, direttore strategico del Gruppo Pubbliemme-Diemmecom e di LaC Network, con il presidente della Fondazione Magna Grecia Nino Foti e lo storico delle mafie della Queen’s University Antonio Nicaso.
«Hanno trovato più di 28 milioni di euro per costruire le Case dell’Amore, un luogo dove i detenuti possono incontrarsi per 24 ore con moglie, marito e amanti» ha detto Gratteri. «Avete idea dei messaggi che possono essere mandati all’esterno grazie a questa idea? Questo abbiamo portato a Palermo nel 30esimo anniversario della strage di Capaci, quando tutta la politica è andata a onorare Falcone, le Case dell’Amore».
Gratteri ha parlato dell’evoluzione delle mafie e dalla ricerca del consenso: «Le mafie oggi sono mimetizzate nel tessuto sociale ed economico, ma non esisterebbe la mafia senza la relazione con le classi dirigenti, sarebbe criminalità comune. La mafia ha bisogno del territorio e del consenso popolare, il boss ha bisogno di pubblicità, è un imprenditore. Così la ‘ndrangheta si è presa la Calabria e un quarto di Milano. Certe cose bisogna dirle. Io mi sono creato una vita da recluso, ma sono libero di dire quello che voglio perché non appartengo a nessuna corrente. Il silenzio è complicità».
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Alla mattinata di discussione hanno partecipato studiosi ed esperti di criminalità organizzata. Il Generale Pasquale Angelosanto, Comandante dei Carabinieri del Ros ha raccontato come alcuni esponenti del clan degli Scissionisti di Secondigliano siano stati catturati grazie alle loro attività su Facebook e di come, tra le mafie italiane, la Camorra sia la più incline a mostrarsi sui social: «È costruzione del consenso» ha detto «un modo per costruirsi un’immagine vicina alla gente».
Anche Alessandro Barbera, Comandante Scico della Guardia di Finanza, ha parlato dei cambiamenti degli ultimi anni: «Le mafie hanno cambiato volto e si sono mimetizzate, sono silenti e opache. Ma guai a pensare che siano sparite. Ci sono. E noi lo dobbiamo gridare forte».
«La mafia oggi è stata indebolita dai processi e dalla cattura dei grandi latitanti, oggi la ‘ndrangheta è quello che Cosa Nostra era 30 anni fa. È potentissima. La Camorra invece è magmatica, non ha vertice, è più complicato sconfiggerla» ha detto il Prefetto Francesco Messina, Direttore Anticrimine della Polizia di Stato «La soluzione è solo una: attaccare i patrimoni. Se togli i soldi alle mafie non pagano più gli avvocati, non pagano più gli stipendi. Bisogna colpire i soldi».
Marcello Ravveduto, docente dell’Università di Salerno ha parlato della nuova comunicazione della criminalità organizzata: «Le mafie sono sistemi di comunicazione, i territori virtuali devono essere controllati esattamente come quelli reali».
«Le mafie cercano di controllare il territorio senza la violenza» ha continuato il professore Antonio Nicaso: «La violenza si usa solo quando serve, i metodisono altri, senza il concorso esterno di apparati dello Stato non c’è mafia».
Ha chiuso l’evento Nino Foti, presidente della fondazione Magna Grecia: «Per sconfiggere le mafie dobbiamo unire il controllo del territorio con la formazione. Bisogna ricostruire un nuovo civismo».
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