Alla sbarra 74 persone di cui 70 già condannati in primo grado. Gli avvocati sostengono che in passato il gip abbia autorizzato alcuni decreti intercettivi nell’ambito del medesimo procedimento penale
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Si è aperto con un’istanza di ricusazione presentata dai difensori nei confronti di uno dei giudici componenti il collegio della Corte d’Appello di Catanzaro, il processo di secondo grado nato dall’operazione antimafia Rinascita Scott. Si tratta del troncone celebrato in primo grado con rito abbreviato, scelta degli imputati che ha comportato per i condannati uno sconto di pena pari ad un terzo.
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In particolare, i difensori degli imputati hanno ricusato il giudice a latere Assunta Maiore (presidente della Corte il giudice Carlo Fontanazza) sostenendo che la stessa, nelle precedenti vesti di gip distrettuale, abbia firmato alcuni decreti autorizzativi di intercettazioni nei confronti degli allora indagati ed oggi imputati di Rinascita Scott. Da qui – ad avviso degli avvocati – la sua incompatibilità a poter far parte della Corte d’Appello di Catanzaro chiamata ora a giudicare gli imputati. Su tale ricusazione, la Corte deciderà il 17 marzo prossimo, data di rinvio del processo. Gli imputati sono in totale 74 – 70 dei quali condannati in primo grado – e quattro assolti (Emanuela Chillà, Antonio Di Virgilio, Maurizio Fiumara di Pizzo e l’avvocato ed imprenditore vibonese Vincenzo Renda) ma per i quali la Dda di Catanzaro ha presentato appello.
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La principale accusa è quella di associazione mafiosa, ma non mancano le contestazioni per diversi tentati omicidi, narcotraffico, intestazione fittizia di beni, estorsione, corruzione, danneggiamento, detenzione illegale di armi ed usura. Le pene più alte in primo grado – 20 anni reclusione a testa – sono state inflitte ai seguenti imputati: Mommo Macrì di Vibo Valentia, Luciano Macrì di Vibo Marina, Saverio Sacchinelli di Pizzoni, Francesco Antonio Pardea di Vibo Valentia, Gregorio Niglia di Briatico, Pasquale Gallone di Nicotera. Continua a leggere su IlVibonese.it