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«Penna mi ha parlato di Nicola Alvaro vecchio capo bastone degli Alvaro “Coda-longa” che fu l’esecutore materiale dell’omicidio del generale Dalla Chiesa». Ci sarebbe anche la firma della ‘ndrangheta, dunque, secondo il pentito Simone Canale su uno degli omicidi più importanti degli ultimi 40 anni in Italia: quello del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Le parole arrivano proprio da quel pentito che ha fatto nomi e cognomi dei presunti autori e mandanti del delitto Molè. Ma ora Canale alza il tiro e racconta di quel boss che sarebbe stato a Palermo per uccidere il generale assieme alla compagna.
Il teste non credibile
Tutto parte dalle confidenze di Penna, un affiliato al clan Alvaro che lo prese sotto la sua ala protettiva: «Ricordo che disse che “neanche il testimone è riuscito ad incastrarlo. Basta che guardano la data dell’assassinio. Come fa uno di San Procopio a non andare alla festa di Polsi?». E la data coincide perfettamente: 3 settembre 1982, proprio nel pieno della festa alla “Madonna della Montagna”. Canale fa riferimento ad un supertestimone che, però, stando alle cronache dell’epoca, già aveva fatto il nome di Nicola Alvaro, senza troppo successo. Si tratta di Giuseppe Spinoni. Di lui si occupò Attilio Bolzoni in un pezzo scritto nel luglio del 1985 per Repubblica. Ecco cosa scriveva: «Giuseppe Spinoni, spacciato dai carabinieri come super testimone della strage di via Isidoro Carini (raccontò di avere assistito al massacro e di avere riconosciuto il mafioso Nicola Alvaro) è risultato un mitomane. Non solo non aveva mai visto gli assassini del generale ma, la sera del 3 settembre del 1982, non si trovava a Palermo. Eppure, i carabinieri, grazie alle sue informazioni, imboccarono subito una pista precisa nelle indagini. Perchè? Se lo chiedono pure i magistrati: “Chi ha inventato Spinoni? Perché i carabinieri hanno eseguito accertamenti tanto superficiali?”».
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I dettagli di Canale
Insomma, le parole del pentito devono scontrarsi con una storia che sembra aver già scritto la parola “fine” sulla possibile firma della ‘ndrangheta nell’omicidio del generale. Tuttavia, Canale offre anche alcuni spunti interessanti: «Ricordo che fisse che Nicola Alvaro nell’occasione dell’omicidio del generale Dalla Chiesa e della moglie, era accompagnato da un altro soggetto a bordo di un motociclo e Alvarò sparò con un mitra». E c’è spazio anche per spiegare i rapporti fra il capo dei capi e la ‘ndrangheta: «Poi mi disse ancora “che ti pare quanto Totò Riina aveva bisogno di qualcosa chi chiamava?”. Faceva riferimento ad alleanza tra la cosca Alvaro e la mafia siciliana».
Chi è “Coda-longa”
«Tra il 2000 ed il 2006 ho conosciuto Nicola Alvaro detto “Coda-longa” che oggi ritengo abbia un’età maggiore di settanta anni. Già all’epoca aveva più di 60 anni. Lo conobbi nel torinese in un locale pubblico. Mi fu presentato casualmente. In quel periodo frequentavo assiduamente Franco Gambareri, il cui figlio di chiama Diego ed ha pregiudizi per Droga». Prosegue ancora il pentito: «Antonino Penna e Rocco Corica mi dissero che Nicola Alvaro era coinvolto nell’omicidio del generale Dalla Chiesa. Nicola Alvaro appartiene al ramo “Codalonga” di cui era a capo. Attualmente il suo ramo si chiama “Testazza” ed è diretto da OMISSIS. So che entrambi hanno la “settima dote” di cui non conosco la denominazione. Ricordo che Penna mi disse che OMISSIS aveva preso il psoto di Nicola Alvaro perché questi era stato detenuto». Il pentito spiega poi come «Anche nel cimitero di San Procopio, dentro qualche loculo della famiglia Alvaro (di Nicola Alvaro, di circa 70 anni) dei “coda-longa”, sono custodite delle armi. Me lo ha riferito Nino Penna che ne era al corrente perché in passato tra i due rami Alvaro i rapporti erano buoni. Stessa cosa si verifica nel cimitero di Santo Stefano d’Aspromonte». Una cosca, quella degli Alvaro, che, a detta di Canale, può contare su 2000 affiliati.
Consolato Minniti