Il pentito di Cosenza, Franco Bruzzese vuole riconquistare (a breve) la libertà. Il pentito, già boss del clan "Rango-zingari" di Cosenza, per il quale è arriva una condanna in via definitiva nell'ambito processo "Nuova Famiglia", è ricorso in Cassazione per la mancata applicazione della disciplina della continuazione, rigettata in precedenza dal gip di Catanzaro. Nel caso in cui dovesse essere riconosciuta la continuazione del reato, la sua applicazione permetterebbe all'ex 'ndranghetista di scontare tutte le condanne in un'unica soluzione, fatto che lo avvicinerebbe alla fine della sua pena. 

Il collaboratore di giustizia, che ha ordinato l'uccisione di Luca Bruni, assassinato da Daniele Lamanna e Adolfo Foggetti, nel gennaio del 2012 nel comune di Castrolibero, aveva presentato istanza con riguardo:

  • ai reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, omicidio, detenzione illegale di armi ai sensi degli artt. 416-bis, 629, 575 cod. pen., 2 legge 2 ottobre 1967, n. 895, commessi da luglio 2012 a marzo 2015 giudicati dalla Corte di appello di Catanzaro con sentenza del 22 novembre 2017, definitiva il 7 aprile 2018;
  • ai reati di omicidio, occultamento di cadavere e detenzione illegale di arma, ai sensi degli artt. 575, 412 cod. pen. e 2 legge n. 895 del 1967, commessi il 3 gennaio 2012 giudicati dalla Corte di assise di appello di Catanzaro con sentenza del 18 dicembre 2017, definitiva il 5 dicembre 2018;
  • al reato di associazione per delinquere, ai sensi dell'art. 416, terzo comma, cod. pen., commesso fino al 13 marzo 2005 a più reati di rapina, ai sensi dell'art.628 cod. pen., commessi il 10 novembre 2004, il 23 e il 28 gennaio 2005 e al reato di ricettazione, ai sensi dell'art. 648 cod. pen., commesso il 23 gennaio 2005 giudicati dalla Corte di appello di Bari con sentenza del 23 maggio 2005, definitiva il 19 febbraio 2009;
  • al reato di tentato omicidio, ai sensi degli artt. 56 e 575 cod. pen., commesso il 2 aprile 2005 e al reato di estorsione, ai sensi dell'art. 629 cod. pen., commesso in data 1 gennaio 2011 giudicato dal Gip del Tribunale di Catanzaro con sentenza del 16 novembre 2020, definitiva il 2 aprile 2021.

No alla continuazione

Il giudice dell'esecuzione, a fondamento della decisione di rigetto, ha evidenziato che, nonostante una certa omogeneità delle condotte sottese ai reati oggetto dell'istanza, non poteva ritenersi raggiunta la prova dell'esistenza di un preventivo disegno criminoso idoneo a ricollegare i delitti ad un'unica volontà preesistente in considerazione delle diverse modalità e circostanze di commissione dei reati, evidenziandosi, altresì, anche, la notevole distanza geografica e temporale dei reati di cui alla sentenza sub 3.

Le ragioni espresse dall'ex boss di 'ndrangheta

La difesa di Franco Bruzzese aveva depositato a fondamento della tesi:

  • l'ordinanza emessa in data 1 aprile 2019, con la quale la Corte di assise di Cosenza aveva già riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati sub 1 e 2, dopo aver valorizzato le dichiarazioni rese da Bruzzese, il quale aveva dichiarato di essere entrato nel sodalizio mafioso sin dal 2000, con il ruolo di commettere estorsioni e rapine;
  • la sentenza sub 4, con la quale il giudice della cognizione aveva riconosciuto il vincolo della continuazione interna tra reati commessi nel 2005 e nel 2011;
  • il verbale di interrogatorio reso il 26 febbraio 2016 da Bruzzese, dal quale si evinceva la data del suo ingresso nel sodalizio mafioso e le attività da lui compiute nell'ambito della realtà associativa, tra i quali le rapine sub 3;
  • l'avviso di interrogatorio di Bruzzese, il quale, su invito della Dda di Bari, era stato sentito in relazione al fatto che le rapine sub 3 erano state commesse per garantire un reddito al sodalizio mafioso di riferimento, come anche confermato dalle condanne subite dai correi, ai quali era stata applicata la circostanza aggravante dell'agevolazione mafiosa;
  • la sentenza della Corte d'Assise di Cosenza del 30 luglio 2020, che aveva accertato la riconducibilità delle rapine all'associazione di tipo mafioso di riferimento.

Secondo il difensore di Franco Bruzzese, quindi, il giudice dell'esecuzione avrebbe omesso di rilevare la sussistenza degli elementi sintomatici del medesimo disegno criminoso, nonostante i reati, omogenei tra loro, fossero stati commessi nell'ambito della realtà associativa nello stesso arco temporale nel quale erano stati posti in essere ulteriori reati già riuniti tra loro dal vincolo della continuazione.

Motivazione carente

Nel caso del pentito Franco Bruzzese, la Corte di Cassazione ritiene che «la motivazione dell'ordinanza impugnata sia carente e priva di un'effettiva valutazione dei singoli fatti di reato oggetto delle sentenze di condanna, anche considerando la documentazione fornita dalla difesa, non considerata dal giudicante, dalla quale si evince che alcuni dei reati oggetto dell'istanza, commessi a distanza di tempo, erano già avvinti tra loro dal vincolo della continuazione» scrivono gli ermellini.

Sul punto, «la giurisprudenza di questa Corte ha avuto modo di chiarire che il giudice dell'esecuzione, investito di una richiesta ai sensi dell'art. 671 cod. proc. pen. per il riconoscimento del vincolo della continuazione, pur godendo di piena libertà di giudizio, non può trascurare la valutazione già compiuta in sede cognitoria ai fini della ritenuta sussistenza di detto vincolo tra reati commessi in un lasso di tempo al cui interno si collocano, in tutto o in parte, quelli oggetto della domanda sottoposta al suo esame; di conseguenza, qualora non ritenga di accogliere tale domanda anche solo con riguardo ad alcuni reati, maturati in un contesto di prossimità temporale e di medesimezza spaziale, è tenuto a motivare la decisione di disattendere la valutazione del giudice della cognizione in relazione al complessivo quadro delle risultanze fattuali e giuridiche emergenti dai provvedimenti dedotti nel suo procedimento». L'ordinanza del giudice dell'esecuzione è stata annullata con rinvio.