Il collaboratore di giustizia, che nel dicembre del 2014 fece ritrovare il corpo di Luca Bruni, ha risposto alle domande della Dda di Catanzaro e delle difese nel corso dell'ultima udienza di "Reset". L'ex esponente della 'ndrangheta cosentina ha riferito sulla tornata elettorale (anno 2014) e sul "comparaggio" con il boss attualmente al 41bis
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Il pentito Adolfo Foggetti, ha deciso di collaborare con la giustizia nel dicembre 2014, portando alla luce numerosi segreti della 'ndrangheta cosentina. Uno dei suoi atti più significativi è stato il ritrovamento del cadavere di Luca Bruni, sepolto in un terreno a Castrolibero. Il pentimento di Foggetti ha segnato un punto di svolta nelle indagini contro la criminalità organizzata soprattutto nell'area urbana di Cosenza, permettendo alle forze dell'ordine di ottenere informazioni cruciali sui gruppi mafiosi operanti nella regione.
Foggetti, sentito oggi nel processo Reset, che si celebra nell'aula bunker di Lamezia Terme, ha fornito dettagli sulle dinamiche interne del clan, spiegando come i proventi derivanti da estorsioni, traffico di droga e rapine venissero distribuiti all'interno della cosiddetta "bacinella". La bacinella rappresentava una sorta di fondo comune, dal quale il 60% veniva destinato agli italiani e il 40% agli zingari.
Le dinamiche del clan
Secondo le dichiarazioni di Foggetti, il clan degli italiani all'epoca era composto da vari personaggi di spicco, tra cui Francesco Patitucci, Roberto Porcaro, Salvatore Ariello, Adolfo D'Ambrosio, Rinaldo Gentile, Michele Di Puppo, Francesco De Luca, Franco Presta, Ettore Lanzino e Mario Renato Piromallo. Michele Bruni, uno dei leader della 'ndrangheta cosentina, presentò a Foggetti Patitucci, garantendo che tutto fosse in ordine e che la bacinella fosse divisa equamente tra italiani e zingari. Foggetti e Patitucci, secondo quanto dichiarato dal pentito, avevano sviluppato un forte legame di amicizia, tanto che Patitucci avrebbe dovuto essere il padrino del figlio di Foggetti, ma venne arrestato prima dell'evento. A battezzare il figlio ci pensò Rosanna Garofalo, all'epoca moglie del boss di Cosenza, firmando a nome del marito.
Le estorsioni e il traffico di droga rappresentavano le principali fonti di reddito per il clan. Gli zingari si occupavano principalmente del traffico di cocaina ed eroina, mentre gli italiani si concentravano sulla cocaina. I proventi di queste attività confluivano tutti nella bacinella, che veniva poi utilizzata per pagare i membri del clan e sostenere le spese legali per i carcerati.
Gli stipendi del clan
Dal 2010 al 2014, Foggetti aveva ricevuto uno "stipendio" dall'associazione mafiosa. Questo "stipendio" variava a seconda dei periodi: a volte poteva prendere più soldi, altre volte di meno. I detenuti ricevevano un pagamento mensile di 1800 euro, oltre alle spese per gli avvocati, che erano a parte. I latitanti e i membri di spicco come Franco Presta, Ettore Lanzino e Antonio Presta ricevevano somme ancora maggiori. Ma non solo. Foggetti ha fatto i nomi anche di Giovanni Abruzzese, Carlo Lamanna, Gianfranco Ruà, Gianfranco Bruni, Michele Di Puppo e Mario Gatto, precisando che quest'ultimo uscì di carcere nel periodo di dicembre 2023, prima di Natale.
Foggetti ha descritto come venivano gestite le estorsioni e i rapporti con vari imprenditori e commercianti. Un esempio significativo è il caso di un titolare di un noto bar di Cosenza, su cui aveva riferito già Luciano Impieri, che inizialmente pagava il "pizzo" solo a Patitucci, ma che venne costretto a pagare anche a Foggetti e ai suoi "amici" di clan. Altri episodi, citati dal pm Vito Valerio, hanno confermato la pervasività della 'ndrangheta cosentina nel tessuto economico e sociale dell'area urbana. Basti pensare alle estorsioni "storiche", come quella imposta dal defunto Michele Bruni a una conosciuta gelateria di Cosenza e Rende.
Altri episodi
Il racconto di Foggetti è stato ricco di altri episodi. Una delle azioni più eclatanti fu l'organizzazione di un assalto a un furgone portavalori che tuttavia non andò in porto. Altri episodi includono la pianificazione di attentati dinamitardi contro cantieri edili ai danni di un noto imprenditore della città.
Foggetti ha riferito anche il suo ruolo nelle attività boschive in Sila, un settore in cui il clan aveva forti interessi. In questo contesto, ebbe numerosi incontri con personaggi di spicco della criminalità organizzata, come "Topolino" di Mesoraca («Marrazzo si chiamava») e vari boscaioli della Sila. Questi incontri, ai quali partecipava anche Adolfo D'Ambrosio, servivano a discutere delle estorsioni e della gestione delle attività illecite legate al commercio del legname. Senza dimenticare le estorsioni alla fiera di San Giuseppe, dove ha fatto i nomi di Sergio Del Popolo e Mario Perri.
I rapporti con altri clan
Foggetti ha anche parlato dei suoi rapporti con altri clan mafiosi e con figure di spicco della 'ndrangheta. Ha descritto i suoi incontri con Mario Piromallo, con il quale non ha commesso reati, ma che vedeva spesso insieme a Patitucci e Porcaro. «Piromallo era coinvolto nel traffico di droga, e le sue attività erano strettamente legate a quelle del clan».
Un altro episodio significativo riguarda il rapporto con i fratelli Banana, che aiutarono a scavare la fossa per Luca Bruni. Foggetti ha dichiarato di non aver commesso estorsioni con loro, ma di essere a conoscenza del loro coinvolgimento in attività illecite. Inoltre, ha parlato del suo rapporto, in qualità di "reggente" del clan "Rango-zingari" a Paola, con Luigi e Franco Muto, con i quali ebbe un diverbio (poi chiarito) per un'estorsione. Ma non solo.
Foggetti ha riferito anche degli incontri con «Ciccio Castellano, a cui partecipavano anche Patitucci e Rango», essendo questo un soggetto vicino «ai Marincola di Cirò Marina». E ancora. Il pentito ha spiegato cosa fossero le "stimanze": «Sono i cestini di Natale o il capretto a Pasqua che portavamo agli altri clan». Ma il collaboratore ha menzionato anche il matrimonio della figlia di Marincola. «Portai a Cirò una busta piena di soldi a nome dei cosentini».
La posizione di Marcello Manna
Adolfo Foggetti ha rivelato che Marcello Manna, già avvocato della sua famiglia e di numerosi esponenti della criminalità organizzata, ha giocato un ruolo chiave nelle elezioni comunali del 2014 a Rende. Manna, noto per essere l'avvocato del defunto padre di Foggetti e di altre figure di spicco come Carlo Lamanna e Franco Bruzzese, si sarebbe rivolto a Foggetti per chiedere supporto nella raccolta dei voti. La Dda, nonostante questa vicenda non faccia parte di alcun capo d'accusa di "Reset", ha inteso approfondire i temi investigativi, ripresi poi anche dal presidente Carmen Ciarcia.
Foggetti ha raccontato di un incontro specifico in cui Manna esprimeva le sue preoccupazioni riguardo al sostegno degli altri suoi "compari". Durante il periodo pre-elettorale, il pentito ha descritto come si sia adoperato per sostenere Marcello Manna, coinvolgendo anche i suoi parenti residenti a Rende. Gaetano Morrone, un altro nome menzionato da Foggetti, avrebbe richiesto costantemente aggiornamenti sulla lista dei voti che Foggetti riusciva a ottenere. «Gli portai una lista ma non so dire se avesse verificato che avevano votato per lui».
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