Ce l’ha fatta Pietro Pace a vincere la sua battaglia contro l’indifferenza, ce l'ha fatta quando ormai dolore e solitudine erano diventati la sua seconda pelle. Oggi ha finalmente una casa dove ritornare, dopo 14 anni passati in strada, a dormire nel piazzale di una stazione o in una baracca, costruita con pezzi di legno, cartoni e lamiere, in mezzo ai pericoli e alla sporcizia.

Il Comune di Scalea questa mattina gli ha consegnato un piccolo ma dignitoso appartamento al quarto piano di uno stabile al centro a Scalea, distante solo poche centinaia di metri dal posto che l'ha ospitato finora, un'area piena di rovi ed erbacce alle spalle della stazione. L'abitazione è un bene confiscato alla mafia e per questo destinato all'utilizzo sociale.

Il gesto che gli ha cambiato la vita

La vita di Pietro, lucano d’origine ma calabrese d’azione, è cambiata una mattina di qualche giorno fa, quando ha affidato il suo grido di dolore alla nostra emittente. In poche ore la sua storia ha commosso il web e il tam tam di condivisioni sui social ha spinto le istituzioni locali ad intervenire. Il sindaco Gennaro Licursi si è subito attivato e in meno di 48 ore ha annunciato di aver trovato una soluzione.

Ma il lieto fine, concretizzatosi nel giro di una manciata di giorni, è stato possibile anche grazie anche all’aiuto dell’assessore alle Politiche Sociali Roberta Orrico, che seguiva il suo caso da tempo, sin dal giorno della sua nomina. Fondamentale è stato anche l'intervento di Francesco Saverio Di Lorenzo, vent'anni trascorsi negli uffici della Direzione Investigativa Antimafia, una nomina di Cavaliere della Repubblica e una laura in Giurisprudenza nel cassetto, oggi consigliere comunale delegato alla sicurezza e alla Polizia Municipale.

«Voglio ringraziare tutti loro - ha detto Pietro questa mattina, dopo aver varcato la soglia di casa - voglio ringraziare chi mi ha aiutato in questi anni e chi ha reso possibile questo miracolo».

La storia

Pietro era un uomo sposato, lavorava come marmista e cresceva i suoi tre figli. Poi, un giorno ha avuto un brutto incidente stradale, che è stato l'inizio di ogni suo dramma. Quell'evento gli fa perdere prima il lavoro e dopo la moglie, poiché, proprio durante il periodo di degenza, lo tradisce con il suo migliore amico. L'uomo scopre la relazione e chiede immediatamente il divorzio. Solo, senza soldi e lontano dai suoi figli, finisce in strada. Costruisce con le sue mani una baracca, che sarà il suo rifugio per 14 anni, e vive facendo dei piccoli lavoretti. Lavora la terra, zappa, cura la pulizia di orti e giardini.

In questi anni gli arrivano tante proposte dalle associazioni di volontariato della regione, ma lui rifiuta, non vuole andare via da Scalea perché spera che i suoi figli, che non vede e non sente da 5 anni, un giorno tornino a cercarlo. Così continua a dormire in quell'alloggio di fortuna costruito sotto un albero, correndo il rischio di morire fulminato ad ogni temporale.

Ma questo non è l'unico pericolo che corre. Negli anni è stato ripetutamente derubato, di notte e di giorno, di quelle poche cose che aveva, come una bicicletta, un ombrello e persino un fornellino elettrico. Sono arrivate la depressione e la disperazione, i brutti pensieri e i momenti terribili. Poi, un giorno di inizio gennaio, Pietro ha trovato la forza e il coraggio di cambiare la sue ennesima vita. 

Il messaggio

Sorridente e quasi incredulo, Pietro rimane seduto nella sua nuova casa a guardare quelle pareti con la stessa espressione di un bambino al luna park. Quei metri pochi quadrati oggi sono tutto quella ha e rappresentano il suo punto di ripartenza. Prima di salutare tutti e godersi il calore della sua casa, Pietro chiede di lasciare un messaggio e si rivolge a tutte le persone in difficoltà, a tutte quelle persone che in questo momento vivono il dramma dell'abbandono e della povertà: «Non smettete di credere nelle istituzioni. E soprattutto abbiate fede, fate come me, non lasciate che le avversità della vita vi impediscano di sperare in un futuro migliore». 

 

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