VIDEO | Si chiama Giuseppe Tirintino ed è il pentito che sta svelando molti retroscena sugli affari legati alla droga tra Calabria, Sud America, Germania e Olanda
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Sembra la sceneggiatura di un film scritta in un pessimo italiano, ma che nasconde al suo interno spunti narrativi di grandissimo spessore. È il mondo del narcotraffico internazionale raccontato da chi, come il rosarnese Giuseppe Tirintino, quel mondo l’ha bazzicato per anni conoscendone meccanismi e segreti, terminologia e protagonisti. Gli ultimi verbali noti del collaboratore di giustizia di Rosarno sono datati fine 2016 confluiti nella maxi operazione dello scorso dicembre “European ‘ndrangheta connection”. Durante l’interrogatorio con i pm della Dda c’erano anche gli inquirenti olandesi e tedeschi che, sembrano scoprire in quel momento, che i loro paesi sono da anni ormai, base operativa di bande di narcotrafficanti calabresi, molto spesso latitanti. Tra questi Tirintino cita il palmese Emanuele Cosentino, il sanlucoto Sebastiano Pelle, i rosarnesi Giuseppe Bellocco e Gioacchino Bonarrigo e, poi Luigi Martelli e Antonio Ietto. E tanti altri ancora.
Nel mondo descritto da Tirintino ci sono montagne di cocaina e soldi, telefoni criptati e case rifugio; narcos calabresi che girano nel cuore dell’Europa e fatturano come manager dell’alta finanza. Scopriamo che per mandare avanti un’organizzazione del genere, servono tanti soldi e le piccole transazioni, da 20-30mila euro «venivano utilizzate – spiega il pentito - per pagare l'impresa in Germania, i biglietti per viaggiare, per comprare i telefoni che ci occorrevano, per pagare gli affitti degli appartamenti in Germania, Olanda o altri paesi».
I soldi veri si fanno muovendo tonnellate di coca dal Sud America e Tirintino spiega come funziona. «Per esempio il gordo; io prendevo accordi con lui…gli dicevo, io lo scarico, per esempio, al Porto di Gioia Tauro…E loro colombiani trovavano la merce, la possibilità di fare la salita là in Argentina, poi stabilivamo i prezzi,…Poi noi parlavamo con le diverse famiglie di ‘ndrangheta, chi voleva investire e stabilivamo il quantitativo del lavoro che si doveva fare. Poi il…90% delle volte qualcuno di noi andava là sul posto, Argentina, Uruguay, Brasile…una volta che la persona era andata là in Sudamerica e aveva visto che era tutto apposto, dava l'ok qua in Italia per consegnare i soldi».
All’inizio del 2015 Tirintino era in Colombia mentre i suoi compari venivano arrestati uno dopo l’altro cominciando a pensare che fosse lui una spia. Gli resta una sola via d’uscita: consegnarsi alla magistratura e cominciare a cantare.