È quanto emerso nell'ultima puntata di Rinviata a giudizio, il format condotto da Franco Laratta. Mancini, Misasi e Pucci avrebbero in quell'occasione raggiunto un'intesa per "spartirsi" la regione
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Nel corso dell'ultima puntata di Rinviata a giudizio, condotta da Franco Laratta, dedicata ai moti di Reggio Calabria, viene raccontata una cena che si tenne a Roma, sul finire degli anni ‘60, quando stavano per nascere le regioni. Lo ha fatto il giovane storico calabrese, Domenico De Luca, che sulla rivolta reggina ha presentato la sua tesi di laurea. De Luca rivela come già alla fine degli anni ‘40 una commissione della Camera dei deputati aveva indicato Reggio quale futuro capoluogo della regione. Scoppia immediatamente la protesta di Catanzaro: iniziata la mattina del 25 gennaio 1950 e culminata il 26 in uno scontro con la polizia. Un comitato d’agitazione chiamò i catanzaresi alla mobilitazione e allo sciopero, se non apertamente alla rivolta.
Col passare degli anni i malumori a Reggio cominciano a farsi forti. Si temeva che Catanzaro venisse alla fine prescelta come capoluogo della regione. Arriviamo quindi alla vigilia delle elezioni regionali, le prime, e De Luca nella sua tesi di laurea riprende la voce di un’importante cena romana, mai confermata, ma oggetto di un’interrogazione parlamentare del deputato Rocco Minasi. Nel corso della trasmissione, De Luca ha parlato della cena dei parlamentari cosentini e catanzaresi, che a Roma erano molto influenti, cioè Giacomo Mancini, Riccardo Misasi ed Ernesto Pucci. Durante quella cena del ristorante “La vigna dei cardinali”, venne raggiunta un’intesa per definire i nuovi assetti amministrativi e istituzionali della Calabria.
Secondo De Luca i tre potenti rappresentanti calabresi nel parlamento e nel governo «si accordarono sull’assegnazione del capoluogo di Regione a Catanzaro. Mentre il quinto centro siderurgico sarebbe dovuto nascere nella Piana di Gioia Tauro, altre industrie in diverse aree del reggino, mentre l’università della Calabria avrebbe avuto sede ad Arcavata di Rende, quindi a Cosenza».
Nel corso della puntata sono emersi alcune importanti notizie, nell’intervento dell’allora giudice istruttore di Reggio, il procuratore Macrì. Sono stati ricostruiti i collegamenti internazionali dell’estrema destra che si era fortemente infiltrata nella rivolta di Reggio, allo scopo di creare con la Grecia e la Spagna un’intesa di destabilizzazione e di eversione delle istituzioni democratiche. Demetrio Naccari Carlizzi, già amministratore regionale e per un breve tempo anche sindaco di Reggio Calabria, ha evidenziato il clamoroso errore della sinistra dell’epoca, che lasciò alla destra il controllo della piazza, e la possibilità di intestarsi una battaglia che i reggini sentivano forte e legittima. ‘Giudice’ del programma è stato l’ex sottosegretario e sindaco di Rende Sandro Principe che ha presentato in chiusura una sua ampia e complessa argomentazioni sulla rivolta di Reggio.