Ad affermarlo il capocentro Dia di Palermo nel corso della conferenza stampa sull’operazione che ha portato all’arresto di 32 persone tra i quali ci sono tre vibonesi
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«Posso garantire che la criminalità organizzata agrigentina mantiene intatta una modalità rozza e cinica che ci ricorda quella degli anni Ottanta. Dalle indagini emerge il ruolo di Antonio Massimino, vero capomafia acquisito e riconosciuto della frazione Villaseta di Agrigento: un soggetto capace di ogni nefandezza, cinico al punto di coinvolgere bambini per perseguire i suoi obiettivi criminali». E’ quanto spiegato dal capocentro Dia di Palermo, Antonio Amoroso, nel corso della conferenza stampa sull’operazione effettuata nel territorio agrigentino e nel Vibonese, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, guidata dal procuratore Francesco Lo Voi.
«Dalle indagini viene fuori la trasversalità di Cosa nostra - prosegue Amoroso - e la sua capacità di dialogare anche con altre realtà per approvvigionarsi, ad esempio, di stupefacenti con i cugini calabresi». Calabresi rappresentati da Gregorio Niglia e Francesco Romano di Briatico, e Domenico Mandaradoni di Francica, anche loro arrestati. «La situazione particolarmente grave - ha spiegato il direttore della Dia di Agrigento - Roberto Cilona - è determinata da una piena efficienza dell’organizzazione che vede tra i suoi affiliati soggetti che si occupano della gestione degli stupefacenti. Un’organizzazione con ruoli ben precisi, dotata anche di armi, che hanno portato ad un ruolo predominante di Antonio Massimino sul territorio grazie al brand mafioso del traffico di stupefacenti con i vibonesi». Sarebbe stato in particolare Andrea Puntorno, 42 anni, nato ad Agrigento ma per anni residente a Torino, capo dei "Bravi Ragazzi", gli ultras della curva sud dello stadio della Juventus, ad occuparsi del canale diretto di approvigionamento di stupefacenti dalla Calabria, con la “famiglia” Accorinti di Zungri. Gregorio Niglia, infatti, residente a Briatico, sarebbe ritenuto vicino al clan di Zungri e come tale indicato anche dal nuovo collaboratore di giustizia del Vibonese,Emanuele Mancuso.
Andrea Puntorno avrebbe svolto quindi una sorta di ruolo di broker nel traffico di droga, con contatti che dalla Sicilia arrivavano al Vibonese. I vibonesi,grazie ai loro agganci, avrebbero garantito l’approvvigionamento di sostanze stupefacenti ai siciliani,potendo contare sia su contatti con l’Albania, quanto della produzione in loco di marijuana. Non risulta, da quando Puntorno si è trasferito ad Agrigento, che abbia invece proseguito nell'attività di bagarinaggio con i biglietti della Juve, quale capo del gruppo di ultras denominato "Bravi ragazzi".
L’approvvigionamento di sostanza stupefacente è avvenuto quindi attraverso diversi canali: quello vibonese; quello palermitano, espressione della cosca della Noce; quello di Palma di Montechiaro, ascrivibile a un gruppo mafioso riconducibile alla Stidda. L'operazione "Kerkent" ha poi permesso di mettere in risalto la figura criminale di Antonio Massimino, (arrestato nel 1999 e nel 2005 nell'ambito delle operazioni "Akragas" e "San Calogero"), che, una volta scarcerato, è arrivato ai vertici della famiglia mafiosa di della frazione Villaseta di Agrigento per diretta investitura dal boss agrigentino Cesare Lombardozzi, poi deceduto. Sin dalla scarcerazione, avvenuta nel gennaio 2015, Antonio Massimino ha rilanciato gli aspetti operativi e quelli logistici di un’intensa attività di traffico di stupefacenti, attraverso uno strutturato gruppo criminale armato, attivo nel narcotraffico, composto, fra gli altri, da Valentino Messina, fratello di Gerlandino Messina, considerato ex vice capo provinciale di Cosa nostraper la provincia di Agrigento.
Particolarmente violento, Massimino è arrivato a minacciare di morte, con un cacciavite, un affiliato, prospettando anche l'eventualità di uccidere bambini pur di affermare la propria autorevolezza criminale. In un’occasione avrebbe sequestrato un 38enneaccusato di truffa ai danni di un affiliato commerciante d'auto, mentre in altra occasione avrebbe costretto la convivente34enne, sotto la minaccia di armi, a subire ripetuti palpeggiamenti nelle parti intime.
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