Nei locali del Nucleo tutela patrimonio culturale di Cosenza sono stati consegnati all’Università della Calabria di Arcavacata di Rende, Dipartimento di culture, educazione docietà, di 28 reperti archeologici contraffatti, oggetto di diversi sequestri compiuti nel corso di varie attività investigative, dai carabinieri dello speciale reparto dell’Arma. Nella circostanza, i reperti sono stati affidati dal capitano Bartolo Taglietti, comandante del nucleo TPC di Cosenza, al professore Armando Taliano Grasso, delegato dal direttore del predetto Dipartimento, professore Roberto Guarasci.

 

Grazie a questa consegna, un gruppo di docenti e ricercatori dell'Università della Calabria, appartenenti ad aree scientifiche diverse tra loro (archeologi e geologi), avvierà attività sulle tematiche relative alla falsificazione di reperti archeologici. Un tema, questo, che ognuno degli esperti affronterà muovendo dalle diverse esperienze disciplinari e applicando le metodiche dei propri ambiti scientifici, per poter rispondere, in sede giudiziaria, al quesito sull’autenticità o meno dei beni sequestrati e sulle probabili aree di provenienza. Accanto agli oggetti sicuramente originali del periodo pre-protostorico, risalenti all’età greca e romana e provenienti da scavi clandestini effettuati da tombaroli senza scrupoli, si ritrovano, infatti, sempre più spesso, manufatti ceramici e in metallo non autentici, falsi ben eseguiti, che spesso riescono a ingannare anche l’occhio attento ed esperto di privati collezionisti o di curatori di musei stranieri pronti all’acquisto.

 

Il fenomeno, attestato dalla crescente presenza, soprattutto nell’ultimo decennio, di reperti falsi o parzialmente contraffatti nei sequestri di materiale archeologico operati dai Carabinieri del Nucleo di Cosenza, può trovare spiegazione in diversi fattori: la crescente domanda internazionale di oggetti antichi provenienti dal nostro Paese; il proficuo contrasto operato negli ultimi decenni dai carabinieri nei confronti degli “scavatori” clandestini che ha portato ad un parziale prosciugamento di questa fonte di approvvigionamento e, non ultimo, l’interesse per questi mercanti senza scrupolo a confondere gli ignari acquirenti attraverso l’inserimento di oggetti falsi tra i reperti autentici, incrementando i guadagni dell’operazione illecita.

 

Questa intensa attività di ricerca in un campo così delicato, avviata dal Laboratorio di Topografia Antica e Antichità Calabresi del Dipartimento di Culture, Educazione e Società, è stata premiata dalla decisione dell’Autorità Giudiziaria di affidare definitivamente un interessante gruppo di reperti al predetto Laboratorio.

 

«Nel 2011 la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza -dichiara il Capitano Bartolo Taglietti- ha affidato al professore Taliano Grasso l’incarico di consulente tecnico per stabilire la provenienza e l’autenticità di 191 reperti archeologici sequestrati in Puglia dal Nucleo di Cosenza. Il Tribunale di Foggia, Autorità Giudiziaria interessata successivamente per competenza territoriale da quella di Cosenza e poi, in secondo grado di giudizio, la Corte di Appello di Bari, ha condannato i responsabili e disposto la confisca di tutti i reperti, restituendo quelli autentici al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, mentre, per quelli contraffatti ha ordinato l’affidamento definitivo, per motivi “didattici e di studio”, in favore del Laboratorio di Topografia Antica e Antichità Calabresi, del predetto Dipartimento dell’Unical».

 

«Questo gruppo di reperti -afferma il professore Taliano Grasso, responsabile del Laboratorio- potrebbe rappresentare il primo nucleo di una significativa collezione. Tenendo conto della ultra decennale collaborazione con il Nucleo TPC di Cosenza, nel corso della quale l’Università della Calabria ha dato un importante contributo ai Carabinieri per recuperare e restituire al patrimonio dello Stato circa 20.000 oggetti di interesse archeologico, penso che in futuro ci sarà la possibilità di ampliare la collezione».

 

 

L’autorità giudiziaria ha disposto l’affidamento definitivo di questi reperti all’Università della Calabria per esigenze didattiche e di studio. Per le prime non può certo sfuggire l’importanza, per gli studenti interessati anche all’archeologia giudiziaria e ai crimini contro il patrimonio archeologico, di poter fare esperienza laboratoriale direttamente su questi reperti. Dal punto di vista scientifico, i risultati del lavoro svolto sono stati presentati in occasione del ciclo di conferenze promosse dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale nell’ottobre-dicembre del 2017 e in diversi altri convegni nazionali.

 

«La prossima iniziativa -dichiara il professore Roberto Guarasci- sarà una mostra da organizzare in autunno con il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. Per l’occasione, il nostro Dipartimento ha firmato con il Museo una convenzione di collaborazione scientifica che prevede, oltre alla mostra, lo sviluppo congiunto di idee e progetti».