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«Un popolo civile, democratico che ha la presunzione di essere guida morale ed etica non può pensare di risolvere il problema dell’immigrazione facendo costruire delle gabbie. Le mafie sono presenti anche qui perché c'è da gestire soldi. Sono interessate ai latifondi che comprano e fanno coltivare da operai in nero o sottopagati come gli extracomunitari di Rosarno. Noi potremmo far finire questi viaggi, per i quali un terzo muore in mare e un terzo nel deserto, ma termineranno solo quando finirà la gente in Centro Africa. È necessario andare lì con i servizi segreti e capire chi organizza questi viaggi e costruire lì aziende agricole, scuole e uffici».
A dirlo è stato il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, intervistato, a Nicotera, da Alberto Romagnoli, corrispondente Rai da Bruxelles sul suo ultimo libro "L'inganno della mafia" scritto insieme ad Antonio Nicaso. All'incontro, promosso dal gruppo "Dopo le 22,00" hanno partecipato, fra gli altri, il prefetto di Vibo Valentia Guido Nicolò Longo, il questore Filippo Bonfiglio, il comandante provinciale dei carabinieri Gianfilippo Magro, il commissario straordinario del Comune di Nicotera Nicola Auricchio e il deputato Dalila Nesci.
Il magistrato ha inoltre affrontato la questione della legalizzazione delle droghe leggere. «Si sta discutendo in Parlamento sulla legalizzazione delle droghe leggere. Importanti magistrati sono per la legalizzazione, io “pubblico ministero di campagna” non sono d'accordo. Ritengo di poter dire la mia - ha aggiunto - perché da 30 anni contrasto la mafia che introduce l'80 per cento di droga in Italia. Gente sopra le nostre teste che non sa nulla di droga parla di legalizzazione. Non accetto questi slogan che pompati mediaticamente diventano credibili e questo è un guaio. Se noi legalizziamo la marijuana, che ha un principio attivo molto forte che sballa, secondo questi magistrati, le forze dell'ordine potranno dedicarsi ad altro. Però un'organizzazione criminale, se viene legalizzata una parte di droga, venderà l'altra, quella pesante. La cocaina si produce in Colombia, Bolivia e Perù dove è vietata la vendita ed è, per questo, controllata dai narcotrafficanti. Quindi l'Italia dovrebbe comprarla da loro. Scandalizza - ha concluso Gratteri - che lo Stato venda qualcosa che rende dipendenza e fa male. Stiamo attenti perché se bevo vino posso smettere prima di ubriacarmi, ma se mi faccio una canna sballo subito».
Infine la ramificazione delle mafie in Europa. «L'Italia ha a disposizione la migliore polizia d'Europa anche perché noi siamo preparati per contrastare le mafie più pericolose al mondo. Anche dopo la strage di Duisburg, l'Europa ancora nega la presenza della mafia nel continente. Invece, le mafie vendono cocaina e acquistano di tutto, alberghi, ristoranti, pizzerie. Il pericolo - ha aggiunto ancora Gratteri - è quello che se riescono ad acquistare anche i media potrebbero riuscire a banalizzare i comportamenti di correttezza, lavorando ai fianchi le basi della morale e dell'etica».
L'unica arma contro la mafia, per Gratteri è la cultura. «Grazie alla cultura nessuno si fa prendere in giro dal mafioso di turno. Un popolo istruito si ribella e reagisce». Quindi si è soffermato sulla necessità di informatizzare gli uffici giudiziari. «Negli armadi dei Tribunali - ha spiegato in conclusione il procuratore Gratteri - sono fermi migliaia di fascicoli. E' necessario creare un sistema informatizzato come a Catanzaro, dove sono presenti i vertici delle forze dell'ordine tra i migliori d'Italia».