«Tutti i politici facevano a gara per andare da Paolo Romeo». Così si è espresso il sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, Stefano Musolino, nel corso della requisitoria del processo Gotha in corso nell’aula bunker di Reggio Calabria e giunta ormai quasi alle battute conclusive.

Musolino sta ricostruendo in questi giorni le reti relazionali di Paolo Romeo, avvocato ritenuto al vertice della cupola massonico-mafiosa che ha governato per anni le sorti della città di Reggio Calabria. Ma sta anche analizzando i diversi reati contestati al legale, già condannato in passato per concorso esterno in associazione mafiosa. Nel dettaglio, il pm sta sviscerando tutte le condotte contestate in relazione alla turbativa d’asta relativa alla Perla dello Stretto. Come si ricorderà, infatti, il ruolo di Romeo, nella ricostruzione della Dda, ebbe un ruolo non secondario nella riapertura del centro commerciale di Villa San Giovanni, rappresentando gli interessi della ‘Ndrangheta.

Tutti a casa di Romeo

Insomma, secondo il pm Musolino, «tutti i politici facevano a gara per andare da Paolo Romeo». Ma qual è il tratto comune di queste persone? «La totale ignoranza degli scopi occulti che stavano alla base dell’associazione segreta». Non ha dubbi, Musolino: «Paolo Romeo ci ha prodotto una valanga di verbali, dove c’è scritto cosa si è fatto e cosa non si è fatto».

Tuttavia il rappresentante della pubblica accusa si domanda: «Ci si è chiesti se qualcuno ha dato mandato perché Paolo Romeo andasse in una commissione parlamentare per parlare del circolo Posidonia?». Ed allora ecco che emergerebbe un metodo: «L’apparente condivisione di scopi ed obiettivi che nasconde in realtà la decisione di un gruppo dominante. Mutatis mutandis, questo metodo si ripete. C’è un piano strategico preparato da Paolo Romeo e pochi intimi, sembra una cosa a cui hanno partecipato tutti in realtà non ha partecipato nessuno».

La differenza fra i due tipi di ‘Ndrangheta

Per il pm, anche nella vicenda della Perla dello Stretto, il metodo sarà il medesimo: l’obiettivo «è elevato, ossia trasformare Giuseppe Chirico, l’imprenditore che confonde la Prefettura con la Procura in un player strutturato del sistema, sfruttando le debolezze personali, economiche degli interlocutori. Giuseppe Chirico amplifica la sua situazione economica. Cristiano (collaboratore di giustizia, ndr) partecipa da coprotagonista e interloquisce con Paolo Romeo su come devono essere governati gli interessi mafiosi alla Perla dello Stretto».

Il pm è netto: «Non parliamo più di ‘Ndrangheta di territorio, di Mimmo Chirico, capo locale di Gallico, al vertice di un gruppo che viene ucciso in un agguato mafioso dal gruppo riferibile ai Rodà-Saraceno-Trapani e Bruno Canale che poi, a sua volta, viene ucciso eccetera. Questa è un’altra ‘Ndrangheta della carne da macello, di quelli che si prendono gli ergastoli, quindi nella logica mafiosa è chiamata ad essere sfruttata in cambio dell’assunta percezione di valere qualcosa, per queste cariche che pensano di valere qualcosa, ma che sono “quattro storti”, come ci diceva Mancuso. Non possiamo attenderci che la contesa a questo livello di ‘Ndrangheta avvenga con le medesime modalità, sparandosi ed uccidendosi».