Novantacinque tonnellate di mele ritirate dal mercato per ottenere un contributo comunitario di 27mila euro: una pratica come un’altra nel mare dei fondi europei per l’agricoltura. È da questo atto apparentemente ordinario che iniziano, quasi 10 anni fa, i guai che porteranno Giacomo Giovinazzo, attuale direttore generale del dipartimento Agricoltura della Regione, davanti al gup del Tribunale di Reggio Calabria che dovrà decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura guidata da Giovanni Bombardieri e firmata, oltre che dal procuratore capo, dall’aggiunto Walter Ignazitto e dal pm Lucia Spirito. Storia antica, quella del filone di indagine che riguarda le presunte anomalie sui finanziamenti europei contenuta nell’inchiesta Provvidenza, che ha illuminato i tentativi di infiltrazione del clan Piromalli nel mondo agricolo. In questo stralcio la cosca egemone nella Piana di Gioia Tauro non c’entra. La storia riguarda i presunti comportamenti illeciti attorno ad alcune Organizzazioni di produttori e ai fondi garantiti alle imprese per il ritiro della frutta prodotta in eccesso.

Buona parte dell’inchiesta ruota attorno ai finanziamenti previsti nel Programma europeo per l’embargo russo. Facciamo un passo indietro: nel 2014, la Russia aveva deciso di fermare l’importazione di alcuni prodotti agricoli dall’Ue. Per aiutare le aziende a ridimensionare le perdite, l’Europa aveva deciso di offrire un sostegno per il ritiro delle eccedenze.

In questo quadro, l’allora dirigente di settore Giovinazzo rischia il processo per induzione indebita a dare o promettere utilità. Il manager regionale che gestisce anche il nuovo corso del Consorzio unico di bonifica avrebbe convinto il presidente del cda dell’Organizzazione dei produttori (Op) Natura a inserire tra le imprese agricole aderenti alla Op una ditta «al solo scopo di far illegittimamente conseguire alla stessa, come terzo beneficiario, il diritto di essere ammessa al ritiro dal mercato di un ingente quantitativo di mele e godere così dell’erogazione di un contributo pari a 27mila euro come previsto dal regolamento della Comunità europea numero 1371 del 2014». Quella ditta non avrebbe avuto titoli, per l’accusa, ad accedere alle agevolazioni legate al Programma europeo: il manager avrebbe forzato la mano.

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La conseguenza del presunto intervento di Giovinazzo? Il 20 gennaio 2015 il presidente del cda di Natura inserì quell’azienda tra i produttori aderenti alla compagine sociale dell’Organizzazione dei produttori e, per l’effetto, le consentì di conseguire un aiuto comunitario» che altrimenti non avrebbe potuto incamerare.

Giovinazzo, in particolare, il 28 gennaio 2015 avrebbe autorizzato il ritiro di 95 tonnellate di mele prodotte dalla ditta individuale e il 9 settembre 2015 con una nota avrebbe inoltrato all’Agea il nulla osta al pagamento dell’aiuto per il ritiro delle mele avvenuta presso l’Op Natura. Al termine dell’iter (prima il ritiro, poi l’invio del nulla osta dalla Regione) sarebbe seguita la liquidazione dell’aiuto comunitario. Più di nove anni dopo i fatti, si arriva allo step della richiesta di rinvio a giudizio.

Sono coinvolti altri funzionari della Regione Calabria: Paolo Chilà e Natale Battaglia erano «addetti alla commissione di controllo per i ritiri dal mercato previsti dal programma europeo per l’embargo russo».

I due, assieme ad altrettanti imprenditori – è una delle contestazioni della Procura di Reggio – avrebbero attestato falsamente il ritiro dei prodotti agricoli di un’Organizzazione di produttori. I funzionari avrebbero detto di aver assistito alla pesatura, al carico della frutta e alla verifica della conformità del prodotto per la commercializzazione. Fatti non corrispondenti al vero, secondo la Procura: i buoni, infatti, sarebbero stati compilati direttamente dalle aziende, mentre i dipendenti della Cittadella avrebbero soltanto firmato.

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Un altro funzionario regionale, Giancarlo Di Bartolo, assieme a Battaglia avrebbe firmato un verbale falso per stabilire che un’Op olivicola «aveva sanato le anomalie riscontrate»: secondo la guardia di finanza, però, i controlli non sarebbero stati svolti. Altra accusa a Chilà, invece, è quella di aver chiesto l’assunzione di un proprio stretto congiunto a due Op promettendo, nel primo caso, «un trattamento di favore nella fase di approvazione, da parte della Regione Calabria, del Programma europeo per gli aiuti comunitari di sostegno al settore» e, nel secondo, di chiudere un occhio sui controlli relativi al solito programma di aiuti per l’embargo russo.

Simile a questa è la seconda contestazione riservata a Giovinazzo (ce ne sono altre che sono state stralciate). Il manager, «abusando delle sue funzioni», avrebbe indotto Rocco Rotolo, presidente del cda dell’Op olivicola Apor, a conferire un incarico di collaborazione in cambio di «un trattamento di favore nella fase dei controlli relativi ai finanziamenti comunitari percepiti dalla Op e per il mantenimento della qualifica di Organizzazione di produttori.

Le persone per le quali è stato chiesto il rinvio a giudizio

Giacomo Giovinazzo, 58 anni, di Rosarno;
Domenico De Stefano, 72 anni, di Reggio Calabria;
Francesco Poto, 69 anni, di Reggio Calabria;
Paolo Chilà, 71 anni, di Reggio Calabria;
Silvio Pascuzzi, 65 anni, di Petronà;
Gaspare Colosimo, 69 anni, di Sorbo San Basile;
Gianmichele Caligiuri, 53 anni, di Cosenza, residente a Castrovillari;
Giuseppe Arone, 52 anni, di Locri;
Natale Battaglia, 50 anni, nato a Basile, residente a Melito Porto Salvo;
Giancarlo Di Bartolo, 66 anni, di Reggio Calabria;
Francesco Macrì, 71 anni, di Roma, residente a Locri;
Giuseppe Morena, 38 anni, di Locri;
Antonino Siclari, 69 anni, di Reggio Calabria;
Francesco Sorace, 59 anni, di Polistena;
Domenico Spagnolo, 80 anni, di Rosarno;
Rocco Rotolo, 64 anni, di Rizziconi.