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E' arrivata sul tavolo del presidente della sezione gip-gup del Tribunale di Catanzaro Carlo Saverio Ferraro la richiesta di rinvio a giudizio a carico dell'ex sostituto procuratore generale di Reggio Calabria Francesco Mollace, attualmente in servizio alla Procura generale della Corte d'appello di Roma, Luciano Lo Giudice, fratello di Nino Lo Giudice, e Antonino Spanò, titolare di un cantiere nautico a Reggio Calabria. Per tutti e tre il pool dei magistrati della Dda di Catanzaro, Gerardo Dominijanni e Domenico Guarascio coordinati dal procuratore capo Vincenzo Antonio Lombardo, ipotizzano il reato di corruzione in atti giudiziari. Prove celate, indagini, che avrebbero potuto svelare i retroscena di un delitto, insabbiate. Una serie di favori, in cambio di omissioni, compiute al solo fine di favorire la 'ndrangheta. Il magistrato, che può considerarsi uno dei pilastri storici dell'antimafia, all'epoca dei fatti da sostituto procuratore della Dda di Reggio era preposto alla gestione e alla trattazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Maurizio Lo Giudice e Paolo Iannò, ma non avrebbe svolto alcuna attività investigativa inerente i contenuti delle prove raccolte, circa l'esistenza della cosca Lo Giudice. Le dichiarazioni dei pentiti convergevano quanto all'esistenza della cosca Lo Giudice anche dopo il 1991 e quanto alla perpetrazione dell'omicidio di Angela Costantino moglie del boss Pietro Lo Giudice, fatta sparire e secondo l'accusa uccisa per salvare l'onore del capoclan, «da parte dei componenti la medesima famiglia 'ndranghetista». In sostanza Mollace, avrebbe omesso, secondo le ipotesi di accusa, di riaprire le indagini sulla scomparsa della Costantino, senza vagliare e comparare le dichiarazioni dei due pentiti. Con un'unica conseguenza. Che Mollace avrebbe per così dire selezionato i contenuti e le prove rese attraverso le dichiarazioni di Maurizio Lo Giudice e Iannò, fornendone un quadro parziale. Nessun riscontro al narrato dei collaboratori, neanche per quanto concerne «la pervicacia ed esistenza della famiglia Lo Giudice, quale cosca operante nel territorio reggino, ricevendo quale utilità, da parte della predetta cosca, la dazione gratuita dei servizi di manutenzione e rimessaggio dei natanti ormeggiati nel cantiere di Calamizzi, gestito e diretto da Antonino Spanò e Luciano Lo Giudice, il primo quale prestanome del secondo». Fatti che si sarebbero verificati in data anteriore e prossima al 30 ottobre 2010. Un'inchiesta quella che vede sotto accusa Mollace, Luciano Lo Giudice considerato l'istigatore delle bombe di Reggio e Spanò, ritenuto un affiliato alla cosca che nasce dal memoriale sul nano, nasce dal memoriale dello pseudo pentito Antonino Lo giudice, per tutti il "nano" che ha fornito nomi e cognomi di chi avrebbe materialmente piazzato l'ordigno del 3 gennaio di quattro anni fa davanti agli uffici di via Cimino, quello del 26 agosto seguente all'ingresso dell'abitazione del procuratore generale Di Landro e il bazooka fatto ritrovare il 5 ottobre dello stesso anno a poche centinaia di metri dal Cedir, sede della Direzione distrettuale Antimafia di Reggio. Salvo poi ritrattare la sua versione dei fatti , scappare dalla località protetta, per finire di nuovo dietro le sbarre. Fin qui le ipotesi di accusa. Adesso spetterà al gup, una volta fissata l'udienza preliminare, stabilire nel contradditorio tra accusa e difesa se accogliere o bocciare la richiesta avanzata dalla Procura di mandare a processo gli indagati.
Gabriella Passariello