Con un documento di 600 pagine redatto da 39 esperti, le associazioni rispondono punto per punto alle modifiche promosse dalla società Stretto di Messina: «Sbagliate nella forma e nella sostanza»
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Sbagliate nella forma e nella sostanza: le integrazioni al progetto che la società Stretto di Messina ha depositato al ministero dell’Ambiente davanti alla commissione Via/Vinca, che valuta l'impatto ambientale, non starebbero in piedi. Le associazioni e i comitati contrari alla costruzione della mega opera (Italia Nostra, Kyoto club, Legambiente, Lipu, Man, Wwf Italia, Società dei territorialisti, Medici per l’ambiente, Invece del Ponte e No Ponte Capo Peloro) ne sono convinti e in un documento di 600 pagine redatto da una commissione di 39 esperti e depositato al Mase nei giorni scorsi, sottolineano come dietro la montagna di elaborati «spesso in contraddizione tra loro», i tanti problemi dietro al progetto del collegamento stabile tra Calabria e Sicilia siano rimasti pressoché identici.
L’effetto cumulo
Ad iniziare con il cosiddetto “effetto cumulo” che sarebbe stato di fatto ignorato dalla società proponente. Nella sostanza si tratta del valore complessivo dell’impatto ambientale dell’opera, su entrambe le sponde dello Stretto: un valore per ora preso in esame, indicano i comitati No ponte, solo singolarmente e mai calcolato nella sua interezza per una procedura che «rappresenta una palese violazione della normativa di legge vigente, sia comunitaria che nazionale».
Le faglie sismiche
In un’area come quella dello Stretto, negli ultimi secoli teatro di alcuni dei terremoti più devastanti mai registrati in Italia, a preoccupare esperti, cittadini e comitati, sono le recenti scoperte relative alle faglie presenti proprio nel punto dove dovrebbe sorgere uno dei due mastodontici piloni di sostegno al ponte. Secondo il documento depositato al Mase, la società Stretto di Messina non avrebbe fornito le necessarie integrazioni.
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Le aree protette
E poi le tante aree protette da vincoli stringenti dettati dalla Rete natura 2000, che secondo i relatori delle contro osservazioni, presenterebbero «analisi parziali, omissive e metodologicamente criticabili» in violazione «con le linee guida dello stesso ministero» e che, in molti casi, sarebbero prive delle necessarie autorizzazioni, sia rispetto all’apertura di nuovi pozzi che dovrebbero fornire l’acqua alle due città-cantiere sulle due sponde dello Stretto, sia nell’utilizzo delle cave dismesse da destinare a deposito permanente per gli scarti dei maxi cantieri.
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L’analisi costi benefici
Uno dei capitoli della sostanziosa documentazione prodotta dalle associazioni che si oppongono alla costruzione del ponte riguarda poi l’analisi costi/benefici in cui vengono contestati molti dei dati forniti dalla Stretto di Messina in risposta alle criticità segnalate dallo stesso Mase, a partire dai dati relativi ai flussi di traffico sia merci che passeggeri che, così come presentati «non giustificherebbe la realizzazione del ponte». Alla base di questa contestazione c’è la convinzione che, allo stato attuale, il ponte avrebbe come risultato «il trasferimento del trasporto via mare su ferro, lasciando inalterato il trasporto su gomma e quello aereo».
Biodiversità a rischio
Molte delle paure dei comitati che si schierano di traverso all’ipotesi di ponte, riguardano il rischio per la straordinaria biodiversità che contraddistingue l’intera area dello Stretto. A destare timore sono soprattutto le “beach rock” – la rarissima conformazione rocciosa che segna il litorale di Ganzirri, proprio dove dovrebbe sorgere uno dei maxi cantieri – che verrebbero distrutte e che «sono solo un esempio della sproporzione dell’intervento rispetto alla delicatezza dei luoghi». E ancora il problema della crisi idrica (sia Calabria che Sicilia sono da tempo strette da una carenza d’acqua mai vista prima) e dell’avio fauna che andrebbe materialmente ad impattare con l’opera e che, nelle integrazioni della società guidata da Ciucci, non sarebbe stata considerata.
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