«Secondo me il veicolo che ha portato Antonio sono questi due». Andrea Beretta, ex capo ultrà pentito, racconta ai pm della Dda di Milano l’arrivo di Totò Bellocco a Milano in una fase molto delicata dei rapporti nella curva interista. Vittorio Boiocchi, leader storico della Nord, è stato ucciso da poco e gli Irriducibili, gruppo di estrema destra con addentellati criminali, si sono impossessati della cassa. Il problema è tutto lì: chi gestisce la tifoseria macina quattrini in quantità e Beretta - secondo nella linea di comando dopo l’eliminazione di Boiocchi - non vuole perdere il comando. Lui e Marco Ferdico, altro ultrà con ambizioni di vertice, cercano una soluzione e «questi due» la suggeriscono.

Beretta ai pm: «Due amici di Ferdico gli dissero di rivolgersi a Bellocco»

I verbali di Beretta, emendati da decine di pagine di omissis, offrono per la prima volta un racconto dall’interno di quella fase: l’oggetto è la scalata del rampollo del clan di Rosarno a San Siro, ricostruita finora grazie alle intercettazioni finite nell’inchiesta Doppia Curva.

Le parole del killer di Bellocco, uno che ha passato quasi tutta la sua vita nelle frange più violente del tifo, sembrano ricondurre l’ascesa di Totò il nano più a questioni di opportunità contingente che a un disegno criminale condiviso con la propria famiglia di ’ndrangheta. Il momento esigeva una risposta immediata: la più semplice ed efficace possibile. A Beretta e Ferdico quella risposta viene offerta da due uomini: i loro nomi non compaiono nei verbali ma il contesto sì. E il contesto riporta questa storia in Calabria, nel cuore della provincia di Vibo Valentia, dove il «veicolo» che avrebbe portato Bellocco a Milano avrebbe base e interessi. «Uno io lo chiamavo il cacciatore - dice Beretta - perché c’aveva il cappello e andava sempre in giro con gli scarponi tipo di quelli di montagna». I due - è sempre il racconto dell’ultrà pentito - vivevano in Calabria ma facevano «le fiere a Milano». Beretta non è fortissimo con i nomi ma ricorda le circostanze che avrebbero portato alla nascita del suo sodalizio finito nel sangue con il rampollo del clan di Rosarno.

«Marco, forse - chiede il pm Storari - per quello che sa lei, dice ai due “Ho questo problema” e loro portano su Antonio?».

Beretta: «Sì, dicono “Ci potrebbe essere questa persona che ti potrebbe risolvere il problema”».

Bellocco, quando sale dice a Berro: «Devi dire che io e te già lavoravamo insieme, che eravamo già insieme in questa storia qua dello stadio, ero un socio occulto, quando andiamo da Mimmo».

Mimmo “Hammer” è il capo degli Irriducibili: anche lui conosce parecchi calabresi che gravitano attorno agli affari della Curva. È per questo («per pararci») che Beretta e Ferdico cercano un aggancio in Calabria.

Ferdico centravanti a Soriano e gli incroci dell’inchiesta con la provincia di Vibo

Tra i due, Ferdico è quello più adatto a trovarlo: ha un passato da centravanti nelle serie minori e una delle sue esperienze è maturata proprio in provincia di Vibo Valentia, nel Soriano Calcio. Su un sito specializzato in calcio dilettantistico c’è ancora la sua scheda con una foto tipo figurine Panini: maglia rossa, sorriso in camera e rettangolo verde sullo sfondo. Sembra una vita fa ma è soltanto la stagione 2020-21. Ferdico oggi sarebbe in teoria un calciatore svincolato, invece è una delle figure chiave nel racconto criminale della Curva Nord. Sui suoi social ci sono ancora tracce dei mesi trascorsi in Calabria intervallati da rientri a Milano per vedere l’Inter e vacanze di lusso.

Il calcio c’entra sempre in questa storia, a volte soltanto di striscio: anche Antonio Bellocco giocava nella squadra di Rosarno. Era giovanissimo, una promessa: «Piccolino, velocissimo, il più forte di tutti», la testimonianza raccolta nei mesi scorsi da Enrico Lupino, inviato della trasmissione di Rai Tre “Lo stato delle cose”.

C’è anche un altro incrocio con la provincia di Vibo Valentia: questa volta spunta dagli atti di indagine e riguarda uno dei tanti affari messi in cantiere da Bellocco&Co. ai tempi in cui reggevano la curva dell’Inter. Si tratta della gestione di un’attività balneare in Sardegna. A un imprenditore serve protezione e Bellocco la offre perché ha mire sulla gestione futura del lido («è una miniera», dice a Ferdico). Garantisce anche la presenza di un uomo che tenga lontano eventuali problemi: per gli investigatori si tratta di un personaggio incensurato ma «legato alla ’ndrangheta di Soriano Calabro».

Lo scontro con gli Irriducibili: «Mancuso, Morabito, De Stefano: conoscono tutti…»

Contatti e araldica mafiosa ruotano intorno alla Calabria. I galloni vengono mostrati al capo degli Irriducibili per fargli capire che è meglio evitare di mettersi sulla linea di conflitto con Beretta.

Torniamo al racconto contenuto nei verbali: «Siamo andati da Mimmo a fare le nostre rimostranze. “Guarda che ci siamo noi”, gli ha detto Antonio, “che ci conosciamo già con Andrea». Beretta, in realtà, non lo aveva «mai visto prima» ma regge il gioco. Bellocco subentra senza tensioni: «Ha usato il suo peso per approcciare questo qua. Gli ha detto “dovete spostarvi…”».

Gli Irriducibili però «non si arrendono mai», spiega ancora Beretta: «Questo Mimmo continua a chiamare persone, si presenta sempre qualcuno (…). La conoscenza di quello, il parente che era in galera col parente di Antonio».

Il pm chiede vuole saperne di più dei tentativi degli Hammer: «Questo Mimmo - spiega sempre Beretta - ha queste conoscenze nel mondo dei calabresi, ogni tanto saltava fuori magari un personaggio che conosceva Antonio, il cugino, “No, dobbiamo sistemarci, dovete tenerci in considerazione”, capito?».

La Dda di Milano è interessata a capire di quali famiglie si tratti: «Mah, lui… Morabito, Mancuso, De Stefano, tutti li conosce, conosce tutti, capito?».

«Ma qualcuno dei Mancuso, a nome dei Mancuso, o dei Morabito, si è presentato da voi personalmente?», chiede Storari.

«Erano venuti al centro sportivo a minacciarmi, questo vecchio qua, questo vecchio calabrese che mi sembra che faceva parte dei Mancuso o dei Morabito». La memoria di Beretta per i nomi non è limpida ma il quadro che offre è chiaro. In tanti sgomitano per prendere il posto di Vittorio Boiocchi al vertice della Curva Nord dell’Inter e tutti hanno un referente in Calabria perché nel sottobosco criminale di Milano i cognomi che contano di più sono quelli dei clan storici della ’ndrangheta.