La relazione stilata dopo la missione di giugno 2024 descrive una situazione quasi disperata e contiene accuse gravi: «Appena tornano i sindaci torna anche l’illegalità». Le proposte: prolungare ancora i tempi degli scioglimenti e scendere in campo alle amministrative
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La relazione della Commissione parlamentare antimafia parla di “contesto” San Luca e spiega che «il lessico non è casuale» perché «la situazione criminale del paese» è il risultato «di molteplici, peculiari fattori di criticità». Le 32 pagine, risultato della missione del giugno 2024 nel centro dell’Aspromonte, non sono esenti da retorica: tentano tuttavia di analizzare uno dei Comuni simbolo dell’infiltrazione della ’ndrangheta, sottoposto a un commissariamento (quasi) senza soluzione di continuità e considerato la periferia delle periferie.
Dalle prime righe quel “contesto” sembrerebbe senza speranza: San Luca è «declinato come origine e fonte delle diramazioni ’ndranghetiste a livello globale» e la festa della Madonna di Polsi viene rappresentata come parte dei «meccanismi di rigenerazione del senso di appartenenza» dei clan. L’economia, poi, è inesistente: «si basa su agricoltura e pastorizia» mentre «il potenziale turistico è limitato dal degrado ambientale dell’intera Locride e dalla mancanza di una cultura imprenditoriale adeguata».
Questa povertà si contrappone ai grandi mezzi delle organizzazioni criminali che governano il narcotraffico e «si avvalgono all’estero di abili professionisti e di tecnologie all’avanguardia».
«Giovani influenzati dalla cultura mafiosa»
Un passaggio viene riservato anche ai giovani che «sono influenzati da una cultura mafiosa, le cui dinamiche distorte inevitabilmente si ripetono in ambito familiare, sociale e, anche, all’interno delle istituzioni locali e della scuola».
In questo quadro disastroso, la Commissione parlamentare antimafia affronta lo stato delle istituzioni locali. Sottolinea che le ’ndrine hanno da sempre gli occhi sulle «pur modeste disponibilità del comune» e rileva un altro dato pressoché unico in Italia: «dal 1993 a oggi solo tre dei sindaci democraticamente eletti hanno potuto completare il loro mandato». San Luca ha trascorso lunghi anni sotto l’egida di Commissione prefettizie eppure le dinamiche criminali non sono cambiate. Che sia per scioglimenti decretati dal governo o per mancanza di candidati, qui la democrazia è un concetto sfumato e lo sono anche le pratiche di legalità.
La denuncia del prefetto: «Dopo i commissari torna l’illegalità»
Il prefetto sentito nel corso della missione spiega che «sebbene il commissario prefettizio avesse, pur solo in alcuni settori “tentato di imporre una linea diversa”, le medesime criticità erano riemerse una volta cessato il lungo commissariamento atteso che, sia la parte politica che quella amministrativa, non erano state in grado, per necessità o per scelta, di proseguire il lavoro iniziato, riconducendo l’amministrazione comunale in quello stato di generale inefficienza rivelatosi poi funzionale agli interessi delle cosche locali». Le note della relazione si incaricano di chiarire meglio: «Una delle cose principali era il servizio di fornitura di acqua da parte della Sorical. C’erano pregressi notevoli da pagare e aveva tentato di recuperare questa situazione debitoria disastrosa – 940mila euro – stipulando un piano di rientro con la regione Calabria». Finito il commissariamento, «nel periodo dell’amministrazione Bartolo questo passivo accumulato risulta addirittura aumentato perché non è stata fatta nessuna riscossione dei tributi e quindi non è stato assolutamente pagato».
Sarebbe successa una cosa simile anche nel settore Anagrafe del comune, «dove vigeva il disastro più totale». Il commissario aveva imposto «regole ben precise ma con l’amministrazione Bartolo – la citazione è sempre dall’estratto della missione – è ritornato tutto com’era. Un tentativo sicuramente di diversificare c’è stato, quello che dico io – sono parole del prefetto – è che se poi però rimangono le stesse cose e ritornano gli stessi amministratori di prima, che avevano le stesse contiguità con l’amministrazione sciolta non serve più a niente».
«Prolungare i tempi della gestione commissariale»
La Commissione individua una possibile risposta in una «modifica della disciplina sullo scioglimento degli enti locali». Pensa, in sostanza, di sollecitare «riforme che consentano di intervenire in modo ancora più efficace sul personale amministrativo e di prolungare i tempi della gestione commissariale, in modo da formare una solida struttura burocratica che sappia resistere ad ogni forma di pressione esterna». Questo perché «la disciplina esistente non è apparsa infatti in grado di incidere in modo risolutivo su situazioni nelle quali il condizionamento mafioso dell’amministrazione comunale non è conseguenza della contiguità o connivenza del sindaco o di uno o più consiglieri comunali (o non solo di questa), ma frutto di un fenomeno più ampio e diffuso, profondamente radicato e fortemente condizionante per l’intera collettività». San Luca diventa, in questo senso, paradigma di un pezzo d’Italia irredibimile perché troppo permeato dalle mafie.
A San Luca la democrazia è un optional
A San Luca l’esercizio della democrazia è un optional e i cittadini rinunciano all’elettorato attivo e passivo. Questa inerzia è, per la commissione, «certamente riconducibile alla pressione della criminalità e alla sfiducia nella possibilità di operare in una situazione estremamente deteriorata da irregolarità ormai consolidate nel tempo». E neanche l’intervento dello Stato è riuscito a invertire la tendenza: «È il paese con la più bassa percentuale di votanti d’Italia: nel settembre 2022, ha votato alle elezioni politiche solo il 21,49 per cento dei cittadini aventi diritto al voto».
Perché nessuno partecipa? I commissari evidenziano sia «un atteggiamento di ripulsa verso la sopraffazione mafiosa» che quello che «chi non vuole contrapporsi al potere delle cosche perché è convinto di non dovere tradire i forti vincoli familiari o di amicizia che lo uniscono alle famiglie mafiose e, ancor prima, di non potere contravvenire a una concezione del “rispetto” che impone solidarietà verso il boss del paese e verso coloro che gli sono vicini e, di contro, ingenera ostilità e sfiducia verso lo Stato e chi lo rappresenta».
Le cosche di ’ndrangheta si sono sostituite ai partiti
A San Luca, poi, le cosche «hanno preteso di sostituirsi ai partiti politici, scegliendo loro i candidati e raccogliendo voti in loro favore, in modo da assumere il pieno controllo degli organi elettivi per rendere assoluto il loro potere sul territorio».
Viene riportato il passaggio di una vecchia inchiesta della Dda di Reggio Calabria in cui esponenti della criminalità locale venivano intercettati mentre «si lamentavano del fatto che i partiti “sono sempre di più” e affermavano essere inaccettabile il fatto che all’interno del loro locale i candidati fossero scelti dai partiti: “Però è una cosa che dobbiamo gestire noi in tutto il nostro Locale, nel paese nostro dobbiamo gestircela noi, no che la gestiscono loro…’"».
I parlamentari dell’Antimafia: «Disponibili a candidarci alle Comumali»
Il futuro porterà un’altra scadenza elettorale e un’altra probabile impasse al momento di presentare candidature. La Commissione antimafia sembra voler effettuare un tentativo e «si dichiara disponibile, in questi casi, a fornire spinta e testimonianza concreta a quelle comunità, con la candidatura diretta di propri membri. Sarebbe un segnale di notevole valore, che potrebbe incoraggiare, in loco, altri cittadini, altre forze, a offrire il proprio contributo e la propria disponibilità a servire quelle realtà. E potrebbe contribuire a raccogliere altre disponibilità, di altre ed altri parlamentari, altre personalità pubbliche. Ci sarebbero da verificare situazioni di fattibilità concreta, a partire dalle modalità di raccolta firme che in alcune situazioni risultano non solo difficoltose, ma impossibili. Ma quello che, in questa sede, interessa evidenziare è la proposta concernente la disponibilità a fornire questo segnale, che rappresenterebbe ben più di una semplice, seppure significativa, testimonianza».
Proposta che potrebbe far discutere, posto che parte dalla presa di coscienza che San Luca non possa cambiare da sé e che la democrazia debba essere importata dall’esterno con l’impegno diretto dei parlamentari. Buoni propositi da mettere, anche questi, alla prova dei fatti. Il centro della Locride è uno dei Comuni per i quali è previsto si voti nella tornata della prossima primavera. L’unico ad avere espresso interesse a candidarsi è stato finora il massmediologo Klaus Davi. Si aspettano anche le proposte dei parlamentari della Commissione bicamerale antimafia.