Se Nino Spirlì non fosse il vicepresidente della Calabria in quota Lega e assessore alla Cultura non varrebbe neppure la pena commentare il suo intervento al mega convegno leghista di Catania, dove Matteo Salvini ha chiamato a raccolta il suo popolo in vista dell’inizio del processo che lo vede imputato con l'accusa di sequestro di persona aggravato dei 131 migranti presi a bordo della nave Gregoretti il 25 luglio del 2019.

Proprio domani, sabato 3 ottobre, Salvini dovrà presentarsi davanti al gup Nunzio Sarpietro. Da qui l’idea di “sequestrare” anche una città, Catania appunto, che per tre giorni è diventata base logistica e quartier generale della Lega.

Per ingannare il tempo, ecco il maxi convegno, iniziato ieri, che ha la pretesa sulla brochure illustrativa di promuovere il “confronto su problemi e soluzioni per il futuro del Paese”. Un futuro tetro e retrogrado a sentire le parole di Spirlì, che ieri sul palco affollato e compiacente ha detto cose che neppure il più fascista e omofobo dei militanti di estrema destra oserebbe proferire in pubblico. Lui no. Il vice presidente della Regione Calabria ostenta la sua extraterritorialità culturale e civica, permettendosi di affermare che finché campa userà termini come “zingaro”, “negro”, “ricchione” e “frocio”.

«Vogliono cancellare le parole – ha detto – ma guai a chi me le tocca. U nigru è u nigru, non c’è altro modo di dirlo in calabrese. La lobby frocia, quella alla quale avrei dovuto appartenere io, è la più pericolosa». Convinto che la sua omosessualità dichiarata sia un lasciapassare per ogni sorta di revisionismo culturale, Spirlì si è spinto anche oltre, ridicolizzando i matrimoni gay con lo stesso approccio e le stesse parole che si potrebbero ascoltare in un lurido bar di periferia la domenica sera.

Ecco, questo è l’antefatto. Se non fosse il vicepresidente della Calabria, il suo pensiero sarebbe destinato a disperdersi nelle fogne del web come altre milioni di parole che ogni giorno avvelenano la convivenza civile e alimentano l’odio social. Purtroppo, invece, Spirlì è il vicepresidente della Calabria e tocca prenderne atto, facendo i conti con l’ennesima vagonata di vergogna che un rappresentante delle istituzioni ha riversato sui calabresi.

L’eco, infatti, è nazionale, e ormai non c’è giornale grande e piccolo che non abbia ripreso l’intervento fatto a Catania dal braccio destro della Santelli. Come se non bastassero gli scandali, le rimborsopoli, le infiltrazioni della ‘ndrangheta, gli arresti di politici di ogni colore. Come se non bastassero i rifiuti nelle strade, il mare marrone e le discariche incendiate.

Ora c’è anche il pensiero di Spirlì con cui fare i conti, un gay pride all’incontrario, dove c’è l’orgoglio di rivendicare parole grondanti pregiudizio come cosa buona e giusta. Gli stessi pregiudizi che armano le tastiere e i pugni di chi poi dà forma all’odio in aggressioni sempre più frequenti e violente. E la sorte di Willy Monteiro Duarte, ammazzato anche perché nero, è solo l’ultimo sconvolgente episodio che ha scosso le nostre coscienze. Ma accade ogni giorno, in ogni città, in ogni scuola, in ogni strada. Proprio in Sicilia, da dove parlava l’esponente calabrese della Lega, sempre ieri sono scattate le manette ai polsi di tre giovani dai 18 ai 34 anni che, a Marsala, erano soliti pestare a sangue extracomunitari scelti a caso solo perché “negri”, come direbbe Spirlì. La stessa sorte che tocca spesso a ragazzi e ragazze gay solo per il fatto di essere “froci”.

Purtroppo si potrebbe continuare all’infinito con esempi e richiami non solo alla cronaca, ma anche alla storia dell’Umanità, come i lager nazisti in cui gli esseri umani catalogati per etnia e orientamento sessuale venivano bruciati nei forni. E dunque basta. La governatrice Santelli prenda posizione e lo mandi via. Continui a sproloquiare dalle sue pagine social cariche di santini, madonne e cristi messi su come festoni di Natale. Siamo in un paese libero e anche per le sue opinioni c’è spazio. Ma non alla Cittadella, dove chiunque governi dovrebbe avere il buonsenso e la correttezza istituzionale almeno di fingere di rappresentare tutti, non solo la propria follia.