Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
«Schivo e molto riservato, dedito al lavoro e alla famiglia. Incapace di intraprendere o anche solo ammettere relazioni extraconiugali». È questo il ritratto che delineano gli inquirenti dell’infermiere 48enne di Vibo il cui corpo fu rinvenuto carbonizzato il 26 settembre 2010 in una pineta di Pizzo. Una prima inchiesta fu archiviata come suicidio. Le indagini furono riaperte nel 2014. Il corpo riesumato. Per l’omicidio di Nicola Colloca oggi sono indagate otto persone.
«Parsimonioso»
Per meglio comprendere la personalità della vittima, significative sono le dichiarazioni di molti dei colleghi di lavoro che parlano di un uomo “normalissimo” e parsimonioso, con un’unica passione, quella per la corsa. Tratto marcato della personalità dell’uomo era il suo attaccamento al denaro e questo «lo portava a mantenere un tenore di vita modesto per sé e per i familiari» -scrivono gli inquirenti nella richiesta di misura cautelare.
«Essendo molto parsimonioso Nicola mi chiedeva di raggiungere Pizzo con la mia vettura». Dichiara, in particolare, uno dei colleghi nel corso di un interrogatorio nel riferire una costante nel rapporto col collega ritrovato carbonizzato nel settembre 2010.
«Nicola condannava il tradimento»
Sentiti dagli inquirenti anche sulla possibilità che la vittima potesse avere un’amante, i colleghi dell’infermiere ucciso parlano di Nicola come persona estremamente religiosa «che condannava il tradimento. Non sono mai venuto a conoscenza - rammenta uno dei testimoni - di relazioni extraconiugali né ho mai avuto sentore che potesse averla. Nicola mi ha trasmesso degli enormi valori morali e religiosi». E ancora: «Non mi ha mai confidato una relazione extraconiugale anzi lui non mi parlava mai di donne diceva solo di tenere tanto a sua moglie e alla sua famiglia». I colleghi sono tutti concordi nel descrivere l’infermiere ucciso come persona dedita esclusivamente alla famiglia e al lavoro, religiosa e molto educata, escludendo in maniera decisa la possibilità di un tradimento.
La falsa amante. I presunti colloqui coi morti
Ascoltata nell’immediatezza dei fatti, Caterina Magro, la vicina di casa, presunta amante di Nicola, conferma la versione fornita dalla moglie della vittima. L’incontro avvenuto in casa Colloca. Il definitivo chiarimento in presenza del marito. La vicina che ammette tutto, Nicola che invece nega la relazione e si allontana dall’abitazione senza farvi più ritorno.
«Tutto doveva portare a credere – si legge nella richiesta cautelare, poi respinta dal gip, firmata dall’ex procuratore facente funzioni di Vibo Michele Sirgiovanni - che si trattasse di suicidio, la discussione avvenuta in casa sarebbe stata la causa che avrebbe portato l’uomo a togliersi la vita».
Nel marzo 2014 la donna viene informata dell’avvenuta riesumazione ed interrogata nuovamente. È qui che, per il timore di essere coinvolta nella vicenda criminale, crolla. Confessa prima in alcune telefonate (intercettate) di non essere mai stata l’amante di Nicola Colloca e poi di aver recitato questo ruolo su presunta costrizione di Caterina Gentile la quale – scrivono ancora gli inquirenti – «l’aveva suggestionata riferendo di parlare con i morti».
«Temevo una ritorsione dei morti»
«Io non ho avuto nessuna storia perché dice che a lei gliel'hanno detto i morti […] lei è venuta da me che in pratica i morti le hanno detto che io e il marito stavamo insieme – dichiara la donna ai carabinieri nel corso dell’ennesimo interrogatorio - A meno che non ho rimosso la cosa ma io non sono mai stato con lui. Io fui talmente tanto suggestionata da queste sue minacce che mi spaventai temendo una ritorsione da parte dei morti».
«La Gentile mi riferì anche nel passato che lei aveva dei poteri nel senso che parlava con i morti. In più circostanze si raccomandò di non riferire di questi suoi poteri a nessuno altrimenti li avrebbe persi. Le chiesi se i morti avevano previsto anche la scomparsa di suo marito e lei mi disse di no».
Caterina Magro, messa alle strette dai militari dell’Arma, confessa nel 2014 che le dichiarazioni rese nel 2010 rispondevano completamente al falso: «Posso solo supporre che Caterina Gentile mi abbia fatto il lavaggio del cervello».
«Lui l’ha fatto per la purificazione dell’anima»
Dalla richiesta di misura cautelare emerge altresì dalle dichiarazioni di Antonio Colloca, padre della vittima, che qualche giorno prima del funerale di Nicola, Caterina Gentile e il figlio gli riferivano dell'intenzione di voler cremare il corpo del padre. Il suocero chiese il motivo ed entrambi risposero - si legge ancora - «del suo corpo non deve rimanere nulla».
Rilevante è anche un’intercettazione telefonica tra suocero e nuora. Nel corso della stessa il primo chiedeva alla donna se credesse alla tesi suicidaria e lei rispondeva affermativamente, aggiungendo: «Il fatto dell'incendio è segno di purificazione. Ecco perché mio marito ora collego mi diceva: quando un giorno morirò voglio essere cremato. Lui l'ha fatto per la purificazione dell'anima».
Versione che - ad avviso degli inquirenti - per nulla avvalora le dichiarazioni concordi di alcuni dei suoi colleghi che parlano di Nicola come persona estremamente religiosa: «A volte si parlava del senso della vita e lui mi diceva sempre che bisogna avere rispetto nei confronti degli altri e soprattutto che il suicidio era commettere un peccato nei confronti del Creatore. La vita era un dono e non si doveva sprecare».
LEGGI ANCHE:
Delitto Colloca, l’assassino tornò sulla scena del crimine
Dalla tesi di suicidio a quella di omicidio. Anatomia del delitto Colloca
Il depistaggio, le contraddizioni, le montature. L’omicidio Colloca “un affare di famiglia”