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La Cittadella della Regione Calabria.
Oltre 140mila euro destinati dalla Regione Calabria a 16 Comuni calabresi, da utilizzare per pagare i sussidi, relativi ai primi tre mesi del 2018, per 82 lavoratori Lsu e Lpu. Niente di strano, si potrebbe pensare, è da una vita che funziona così. Invece, ci sono parecchie cose che non tornano.
Innanzitutto, i lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità, in Calabria, non dovrebbero più esistere, a seguito del processo di stabilizzazione dei 5mila precari (tanti ne contava la nostra regione) avviato nell’autunno scorso sulla base di uno stanziamento nazionale (50 milioni di euro), deciso in extremis con un emendamento alla Legge di bilancio dello Stato, e in virtù degli impegni assunti dal Governo regionale alla vigilia delle elezioni politiche.
Garanzie, che, però, non hanno convinto tutti i Comuni calabresi, alcuni dei quali si sono rifiutati di stipulare nuovi contratti a tempo determinato in attesa che si completasse l’iter di stabilizzazione, temendo, per effetto della Legge Madia, di essere chiamati in futuro dagli stessi lavoratori a rifondere i danni della mancata dell’assunzione a tempo indeterminato. Questi Comuni ribelli hanno tenuto duro, nonostante le pressioni di sindacati e Regione, convinti che sino a quando non ci fossero state tutte le condizioni per la stabilizzazione (fabbisogno della pianta organica e copertura finanziaria certa), i lavoratori in questione - che è bene sottolineare sono fondamentali per l’espletamento delle normali attività degli Enti, nei quali operano ormai anche da 20 anni - dovevano rientrare nel bacino degli Lsu e Lpu, continuando a percepire il sussidio di circa 600 euro al mese. Impossibile, è stato risposto, perché il bacino non esiste più e indietro non si torna.
Ora, invece, arrivano questi 142mila euro, che sembrano confermare indirettamente la tesi dei Comuni più riottosi. È come se alla fine, dinnanzi all’ostinazione delle Amministrazioni che si sono rifiutate di stipulare i contratti e a causa del crescente malcontento di tanti di lavoratori restati senza reddito, la Regione abbia capitolato perdendo questo lungo braccio di ferro.
I lavoratori "fantasma"
C’è però un'altra stranezza, forse la più eclatante: le convenzioni che giustificherebbero l’erogazione del sussidio non sono state mai firmate, proprio in virtù del fatto che la Regione ha dichiarato finita l’epoca del precariato, arrivando poi ai ferri corti con i Comuni che non hanno accettato di allinearsi a quella che sembrava più una presa di posizione politica che un dato di fatto con adeguata copertura giuridica.
Insomma, le Amministrazioni interessate sono adesso alle prese con un dilemma di non facile soluzione: come giustificare nei mandati di pagamento l’erogazione delle somme arrivate dalla Regione, se gli 82 lavoratori che dovrebbero percepirle non hanno mai preso servizio nel corso del 2018 e, da un punto di vista burocratico, non esistono?
La determina che stanzia i fondi non c'è sul Burc
Come se non bastasse, a rendere tutto più fumoso contribuisce il fatto che del decreto dirigenziale, con il quale si dispone il trasferimento dei fondi, il numero 2549 del 27 marzo scorso, sembra non esserci traccia sul Burc. Ma l’atto esiste, è firmato dal dirigente di settore Roberto Cosentino e dal responsabile del procedimento Pasquale Capicotto, ed è stato inviato ai 16 Comuni destinatari dei soldi. La mancata pubblicazione sul Bollettino regionale, però, ha messo in allarme sindaci e dirigenti che, sulla base di quella determina, dovrebbero disporre i pagamenti, generando nuovi dubbi. Tant’è che alcune amministrazioni hanno messo tutto in stand by.
Tutti i Comuni destinatari e gli importi
Dei Comuni destinatari dei fondi, due sono in provincia di Catanzaro: Conflenti (12.182 euro per 7 lavoratori) e Platania (8.782 euro per 5 lavoratori); otto in provincia di Cosenza: Bonifati (1.740 euro per un lavoratore), Cellara (1.740 euro per un lavoratore), Praia a Mare (1.740 euro per un lavoratore), Rocca Imperiale (1.740 euro per un lavoratore), San Demetrio Corone (12.182 euro per 7 lavoratori), San Fili (1.740 euro per un lavoratore), San Giorgio Albanese (17.404 euro per 10 lavoratori) e San Gineto (10.442 euro per 6 lavoratori); uno in provincia di Crotone: Casabona (3.480 euro per 2 lavoratori); e, infine, cinque in provincia di Vibo Valentia: Acquaro (15.663 euro per 9 lavoratori), Arena (26.106 euro per 15 lavoratori), Dasà (13.923 euro per 8 lavoratori), Pizzoni (12.180 euro per 7 lavoratori) e San Costantino Calabro (1.740 euro per un lavoratore).
Enrico De Girolamo