«Restituzione per cucina». La causale del bonifico a favore di Cristian Ferrario è finta, per i magistrati della Dda di Milano. I 40mila euro versati al presunto prestanome di Antonio Bellocco e Andrea Beretta sarebbero, in realtà, il prezzo da pagare per la protezione offerta a un imprenditore dal duo che guidava la curva Nord interista. Da proteggere, appunto, c’era un investimento in Sardegna colpito da atti vandalici: un lido sottoposto alle prepotenze di due fratelli romani «operativi nel mondo della tifoseria ultrà interista (i Boys). Chi meglio del duo che, in quel momento, guidava il tifo nerazzurro? Chi meglio di Ferrario, che ha di recente confermato di aver fatto loro da prestanome?

Il caso che racconta l’idea di Bellocco di “allargarsi” anche in Sardegna è agli atti dell’inchiesta Doppia Curva. Nel mese di giugno del 2023, nel gruppo che si spartisce il potere della Nord – il triumvirato formato da Bellocco, Beretta e Marco Ferdico – le cose vanno bene: siamo lontani dallo scontro che porterà all’omicidio del 4 settembre scorso.

Ad avvertirli è Carlo D., non indagato: chiede il loro aiuto per Tommaso P., l’uomo che ha subito «prepotenze» a un chiosco che gestisce in Costa Smeralda. A Pioltello, in un bar, gli amici si riuniscono per parlare dei problemi legati a quell’investimento in Sardegna, nella spiaggia Liscia Ruja di Porto Cervo. Un incendio doloso, tra le altre cose. I responsabili sarebbero due fratelli romani membri dei Boys, un pezzo di tifoseria nerazzurra.

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Il telefono di Bellocco è monitorato dagli investigatori: quando il gruppo di ultrà si ritrova nel bar di Beretta, gli agenti riescono ad ascoltare tutto. In una chiamata whatsapp, Beretta spiega a Leo C., ultrà dei Boys di Roma di aver ricevuto una segnalazione: «Il ragazzo lì della spiaggia dice che gli avete fatto delle prepotenze… Noi abbiamo di mezzo un nostro carissimo amico che è qua… ha investito su tutta la concessione della spiaggia, hai capito? Lo so che avete investito dei soldi, lo sappiamo già (…) I soldi che avete investito noi ce li abbiamo già in mano per ridarveli, vediamo giù e chiariamo la faccenda, vi diciamo tutta la storia com’è».

Bellocco è più esplicito: «Si devono spostare o in un modo o nell’altro – dice a Beretta –. Gli spacchiamo la testa a lepre e lo lasciamo qua. Lo mettiamo in qualche bidone dell’immondizia. Si devono prendere il suo e si spostano».

Tanta risolutezza è legata alle mire del rampollo del clan di Rosarno sull’investimento in Sardegna. Ai due romani dei Boys devono far capire che «c’è questo sardo che c’ha un locale che c’interessa a noi… sulla costa lì a liscia di vacca in Sardegna». Bellocco si è esposto dicendo che parte dei soldi investiti nella concessione balneare sono suoi: non è vero, dunque chiede un incontro agli imprenditori per mandare a memoria la parte. Il confronto avviene a Milano. Bellocco, in quella circostanza, spiega che «avrebbe assicurato la presenza, in Sardegna, di una persona di sua fiducia («uno te lo mendo io a lavorare… un ragazzo garbato»). Riceve subito un sì: «Gli diamo l’appartamento più 2mila euro… la macchina». L’accordo è totale. L’interlocutore si sbilancia: «Siamo una squadra».

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In Sardegna a rappresentare la famiglia Bellocco sarà, nelle intenzioni, un cugino di Totò u Nanu, un 32enne nato a Polistena che viene subito istruito: «Se c’è da alzare le mani fallo, ha una sicurezza con te». I guai, però, non finiscono: il sardo segnala a Bellocco che c’è un altro «che gli sta facendo il macello». Sarebbe un amico di Beretta: Totò gli consiglia di sentirlo e dirgli di mettersi da parte «che è roba nostra». La telefonata arriva mentre Bellocco continua con le minacce: «Digli di prendersi le cose e andarsene che stiamo andando là e lo scanniamo».

In effetti la storia dell’incendio emerge dalla banca dati delle forze dell’ordine: un chiosco è andato distrutto nel mese di aprile. Da Milano vogliono risolvere velocemente la faccenda e entrare direttamente nell’affare di Porto Cervo. Prima vanno trovati i soldi per allontanare i romani, poi si potrà pensare al business, che non è da poco. «Io abito sul mare – dice Bellocco a Ferdico – ma hai capito che posto è là? Forse non vi siete resi conto, è una miniera».

L’imprenditore sardo Tommaso P. e il rampollo del clan si rivedono a Milano: il primo, per suggellare il patto su Porto Cervo, porta in dono un Rolex da 9mila euro. Restano da allontanare, con 40mila euro, i romani. Claudio D., l’uomo ha contattato Bellocco e Beretta per risolvere la questione, li definisce «soci» (i magistrati aggiungono «occulti») nell’affare di Porto Cervo.

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Il 22 giugno 2023 partono un bel po’ di soldi dal conto di Claudio D.: 40mila euro finiscono a Cristian Ferrario con la causale «restituzione per cucina». Ferrario, nei giorni scorsi, avrebbe confermato ai magistrati di Milano il proprio ruolo di prestanome. In passato è stato anche intestatario di una scheda telefonica in uso a Vittorio Boiocchi, ex capo ultrà ucciso in un agguato nel 2022.

Quel denaro non resta a lungo sul conto di Ferrerio (ne terrà soltanto una parte per essersi prestato all’operazione): lo intasca Bellocco che ne girerà soltanto una parte («circa 15mila euro», ma non arriveranno neppure tutti a destinazione) ai due romani dei Boys che il socio vuole allontanare da Porto Cervo. L’idea è quella di entrare direttamente nell’affare del turismo in Sardegna: «Il locale ce lo dobbiamo tenere noi».

Le intenzioni di Bellocco&Co sono evidenti ma per i pm «l’episodio presenta numerosi punti ancora da chiarire». Gli imprenditori sentiti sono stati inizialmente reticenti e hanno minimizzato il ruolo del rosarnese. Poi le ricostruzioni si sono fatte più vicine a quanto emerso dalle indagini. Incluso il regalo del Rolex, il versamento dei 40mila euro e la protezione offerta ai sardi attraverso un contatto di Soriano che gli inquirenti ritengono vicino alla ’ndrangheta (ma mai inquisito). Il progetto Porto Cervo era uno dei tanti affari legati alla gestione della curva Nord, almeno nella fase in cui l’amicizia tra Beretta e Bellocco sembrava salda. Poco più anno dopo aver coltivato quell’idea i “fratelli” ultrà si ritroveranno a Pioltello e questa storia finirà nel sangue.