Pancrazio Opipari e Lorenzo Iiritano sono due degli indagati nell’inchiesta Clean Money della Dda di Catanzaro che riacceso i fari sulle attività criminali del clan dei Gaglianesi. Il loro ramo, secondo l’ipotesi accusatoria dei magistrati antimafia, è quello delle estorsioni.

Ai due viene contestato l’episodio in cui si sarebbero fatti consegnare 600 euro dal titolare di un’impresa funebre non identificato: il pizzo avrebbe riguardato una cerimonia nel quartiere di Gagliano. Le intercettazioni chiariscono lo scambio contestato: i due avrebbero fatto prendere un «morticedu» (in questo caso il servizio per la cerimonia, ndr) e l’imprenditore avrebbe corrisposto 200 euro ciascuno a Opipari, Iiritano e una terza persona ora deceduta. Controllo del territorio capillare.

Ed esteso anche ad altre aziende: i magistrati antimafia di Catanzaro identificano l’idea di imporre diversi appalti e traghettarli verso una ditta vicina al gruppo operante nel settore dell’impiantistica elettrica. Come? Opipari e Iiritano si muovono in pattuglia nell’area di Catanzaro Lido per esaminare tutti i cantieri e vedere dove potrebbero inserire la ditta amica. Pensano di rivolgersi alle imprese più floride: davanti a chi, invece, considerano «rovinato» evitano di tentate. Segnano tutto, inclusa la data di avvio dei lavori: in un caso, leggendo che i cantieri partiranno il 7 gennaio, valutano di presentarsi l’8.

È nel territorio del comune di Simeri Crichi, però, che i loro discorsi diventano di particolare interesse. Opipari e Iiritano si fermano davanti ai cantieri per l’ammodernamento della Statale 106, spalmati su vari lotti. E spiegano – è la sintesi degli inquirenti – che la ditta impegnata in quel tratto era stata totalmente assoggettata ai clan. Fatto che, a loro dire, sarebbe stato deciso in una riunione alla quale avevano partecipato «tutti quanti».

Il tutti quanti significherebbe i gruppi di Catanzaro, Roccelletta, di Soverato. E anche pezzi di criminalità che arrivano da fuori provincia: quelli di San Leonardo di Cutro e di Vibo. La sintesi è che su quel cantiere avevano «mangiato tutti». Opipari è ancora più esplicito e spiega che i lavori per alcune gallerie gli avrebbero fatto guadagnare 1.200 euro senza sapere neppure da dove arrivassero i soldi. Danni collaterali: l’incendio di otto mezzi di un’impresa utilizzati per il trasporto della sabbia. Un modo per riaffermare il controllo del territorio: un aspetto che non può venire meno per nessun clan.