È un caso che il nuovo movimento della magistratura italiana, “Nuovo Orizzonte Giustizia”, nasca al Sud, e in particolare a Catanzaro, dove da anni il procuratore capo Nicola Gratteri lancia i suoi appelli affinché le toghe abbiano un comportamento ligio alle regole e non facciano “affari” con il mondo politico? No, non è un caso.

L’iniziativa promossa, tra gli altri, dal pubblico ministero Alessandro Riello, in servizio presso la Dda di Catanzaro e coordinatore della zona della “Sibaritide”, per quanto riguarda la criminalità organizzata cosentina, pone l’accento sul momento che vivono le varie procure italiane, dove il “Palamara-gate” ha scosso le coscienze di chi interpreta questo lavoro con un piglio diverso, rispettando la Costituzione. 

Magistrati lontani dai centri di potere

I quattro giovani pm - Armando Bosso, Nicola Camerlingo, Alessandro Riello e Gionata Fiore - vengono da esperienze associative diverse. C’è chi era in Unicost e si è sentito tradito da ciò che è successo dal 2019 in poi. Sperava, quindi, che la classe dirigente - se così possiamo chiamarla - facesse un passo indietro, lasciando il posto a chi crede che fare il magistrato sia un lavoro bellissimo, sacrificante e difficile, soprattutto se viene svolto in silenzio e lontano dai centri di potere che, purtroppo, hanno condizionato gli ultimi anni della vita associativa. Strascichi che sono ancora visibili e udibili nelle varie sedute dell’assemblea Plenaria del Consiglio Superiore della Magistratura, dove le varie anime, seppur velatamente, si scontrano per le nomine degli uffici direttivi e semi-direttivi, accusando chi non è d’accordo, di “ascoltare” le voci esterne, come accadeva prima che scoppiasse il caso di Perugia. 

D’altronde, nel documento firmato dai quattro magistrati viene esplicitato un concetto che sta alla base di qualsiasi movimento associativo. «Non intendiamo fare discorsi demagogici o qualunquisti, procedere a diagnosi generiche e generalizzanti e, men che meno, proporre terapie fumose o miracolistiche, con la stolta sicumera di chi crede di avere in tasca la ricetta risolutiva per liberarci da tutti i mali. Crediamo, però, di avere le idee chiare, che proviamo ad esporre e a sottoporre ad un franco confronto tra i colleghi». 

Magistrati distanti dalla politica

Il magistrato del futuro è «scolpito nella Costituzione», ovvero «un magistrato distante dalla politica. Che applica le norme non in base alle proprie idee, ma alla stregua della assoluta fedeltà alla volontà del legislatore, iniziando il percorso interpretativo, non conoscendone l’approdo». E ancora: «Un magistrato consapevole partecipe del dibattito delle idee, purché non lo faccia con atteggiamento “militante”. Non lo diciamo solo noi. La Corte costituzionale (sentenza n. 224 del 2009) ha fatto proprio questo modello di magistrato, ovvero - come è stato sottolineato - un soggetto “non apolitico, né impolitico, ma non certo “militante”, ossia “non separato dalle tensioni sociali, ma che sia capace di dominarle stando un passo indietro rispetto ad esse, per poterle sempre analizzare criticamente e stare ai fatti”. Non un guardiano degli interessi coperti dallo establishment, ma nemmeno un Robin Hood, vendicatore dei deboli e degli oppressi». 

Per Nuovo orizzonte giustizia viene prima il lavoro poi la vita associativa

Per “Nuovo Orizzonte Giustizia”, viene prima il dovere, ossia portare avanti innanzitutto il lavoro dell’ufficio, e poi la vita associativa, quella forma di aggregazione sociale che deve portare a nuovi spunti di riflessione per migliorare un sistema che, oggi più che mai, fa acqua da tutte le parti. Oggi, invece, ci sono tanti magistrati che fanno politica nei corridoi dei tribunali, perdendo di vista le cose più importanti, che sono quelle di dare risposte immediate ai cittadini. 

Gli undici punti costitutivi di Nuovo orizzonte giustizia

- No all’associazionismo difensivo dei proclami e delle vetrine di buone intenzioni, no ai comunicati-fotocopia in risposta agli attacchi, sì al singolo magistrato protagonista del reale cambiamento
- Fine dell’ossessione del procedimento disciplinare, rifiuto di una concezione aziendale-burocratica della funzione, recupero della passione di essere magistrati.
- No al magistrato-militante, ai biglietti di andata e ritorno da cariche elettive, fine degli alibi per la politica che intende addomesticare la magistratura.   
- Trasparenza delle scelte consiliari, altolà alle scelte di comodo e faziose dei dirigenti, rivoluzione culturale del modo di pensare alla professione: abbiamo vinto un concorso per fare i magistrati, non i capi degli uffici.
- Essere Persone, prima ancora che magistrati. No al magistrato pavido e burocrate, no all’esasperato tecnicismo, sì al magistrato corretto ed equilibrato. 
- Indipendenza effettiva, nessun condizionamento nelle attività giurisdizionali
- Fine delle carriere parallele, diffusione e valorizzazione della cultura giurisdizionale nelle scelte di amministrazione della giustizia. 
- Tutela concreta dei giovani magistrati, vera linfa del rinnovamento e non spalatori di carte in uffici indesiderati.  
- Interlocuzione istituzionale finalizzata ad una riforma strutturale del giudizio di appello, con mezzi e personale adeguati al numero di persone e procedimenti in ogni singolo distretto.
- Mettere in condizioni i magistrati seri di lavorare, leale ripartizione di oneri e relative responsabilità fra magistrati e Ministero della Giustizia.
- Politica di incentivi al lavoro nelle sedi giudiziarie, no alla corsa sfrenata ai titoli, effettiva omogeneità di criteri nella valutazione dei percorsi professionali