Il collaboratore di giustizia nel corso del processo ha parlato dello stillicidio di minacce, incendi, intimidazioni e richieste di denaro e assunzioni ai danni degli imprenditori della Costa degli Dei
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Ancora di scena il collaboratore di giustizia di Vibo Marina, Giuseppe Comito, nel processo dinanzi al Tribunale collegiale di Lamezia Terme nato dall’operazione antimafia denominata Imponimento. È toccato al pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, concludere l’esame del teste della pubblica accusa mostrando al collaboratore una foto dall’alto dei luoghi al centro del precedente racconto su incendi e danneggiamenti.
Giuseppe Comito ha quindi riconosciuto le strade ostruite dal suo gruppo criminale – quello degli Accorinti di Briatico collegati a Pantaleone Mancuso (Scarpuni) ed anche dal gruppo Anello di Filadelfia – per impedire ai Marcello di Pizzo, già proprietari del ristorante Olimpus di accedere alla spiaggia accanto a quella del Club Med di proprietà degli Stillitani. “
«Abbiamo ostruito le strade per arrivare a questo lido in costruzione dei Marcello, impedendo che si potesse arrivare dalla Statale 18. Riconosco il luogo dove si è verificato l’incendio – ha raccontato Comito – che si poteva raggiungere da una stradina vicino al torrente». Un argomento, quello dell’incendio al lido dei Marcello, ritornato anche nel corso del controesame dell’avvocato Vincenzo Ioppoli. «Il lido doveva sorgere a circa cinquanta metri di distanza dal ristorante del Club Med – ha ricordato Comito – e ricordo che quando è stato incendiato Salvatore Muggeri, parente di Nino Accorinti di Briatico, e Saverio Prostamo ridevano. Emanuele Stillitani in precedenza aveva detto che quel lido non doveva aprire e non doveva stare in quel posto. Non sono a conoscenza – ha affermato poi il collaboratore – se esisteva un contenzioso legale attorno a tale lido o se Stillitani si rivolse alle autorità».
Prima dell’avvocato Ioppoli è quindi toccato all’avvocato Anselmo Torchia procedere al controesame. «Non ricordo come si chiamano i figli di Rocco e Tommaso Anello di Filadelfia – ha affermato Comito – ma ricordo che il sistema delle cosiddette imbasciate serviva per raccomandare qualche ditta che voleva lavorare nel villaggio turistico dove io facevo il guardiano».
Giuseppe Comito, quindi, nel corso del controesame dell’avvocato Ioppoli ha ricordato di aver fatto parte del gruppo guidato da Nino Accorinti di Briatico. «Un gruppo che faceva danneggiamenti ed estorsioni – ha spiegato il collaboratore – anche ai villaggi turistici. Avere il controllo ‘ndranghetistico in una determinata zona significava mettere paura alle persone, tenere un territorio sotto una cappa. Ho iniziato a lavorare al Club Med tramite Nazzareno Colace che mi presentò a Nino Accorinti e da lì siamo andati al villaggio dove servivano dei guardiani. Salvatore Muggeri è subentrato in seguito come guardiano, sempre tramite Nino Accorinti, che imponeva le assunzioni alla società proprietaria del villaggio. Emanuele Stillitani – ha aggiunto Comito – non poteva scegliere altri guardiani i quali dovevano passare da Saverio Prostamo il quale poi passava parola a Nino Accorinti per l’assunzione. Tutti temevano Nino Accorinti perché tutti sapevano che era un criminale. Anche Stillitani lo temeva e tutti dovevano accettare i suoi metodi. Anche Pino Polito, che faceva i lavori elettrici all’interno del villaggio turistico, è stato imposto. Le ditte che realizzavano i lavori nel villaggio erano vicine al nostro gruppo criminale, altre le sceglieva Stillitani, ma comunque a noi compiacenti».
Quindi una specificazione rispetto a quanto dichiarato nei verbali. «Io non ho mai visto passaggi di soldi di Stillitani al nostro gruppo – ha ammesso Comito – ma nei discorsi fra noi si diceva che Stillitani pagasse qualcosa ogni anno».
Continua a leggere su IlVibonese.it