Che Nicola Adamo fosse al lavoro, nei giorni precedenti il famigerato 6 febbraio del 2016, per racimolare le firme necessarie a sfiduciare Mario Occhiuto da sindaco di Cosenza, non è mai stato un mistero. L’ex assessore e consigliere regionale era appena rientrato in Calabria dopo l’annullamento, il 22 gennaio, da parte della Cassazione, del divieto di dimora inflittogli dalla Procura di Reggio Calabria per il caso rimborsopoli. Secondo la Procura di Catanzaro, la rimozione di Occhiuto da Palazzo dei Bruzi era un passaggio necessario per espletare le procedure di aggiudicazione dell’appalto della metrotramvia alla Cmc, oggetto dell’inchiesta denominata Passepartout condotta per fare luce sul presunto sistema di potere teso a veicolare incarichi ed appalti per assecondare interessi privatistici in termini di consenso elettorale e vantaggio personale. Il primo cittadino di Palazzo dei Bruzi in carica, infatti, non perdeva occasione per manifestare la propria contrarietà alla costruzione dell’opera, ritenendola inutile e dispendiosa. Secondo i magistrati, l’opposizione di Occhiuto alla realizzazione del progetto costituisce il movente di Nicola Adamo, per «articolare una silente e mirata strategia» finalizzata alla caduta del sindaco di Cosenza, anche mediante «l’illecita recluta di consiglieri comunali dimissionari».

La mediazione di Incarnato e la corruzione contestata a Morrone

Per esercitare la sua sfera di influenza sui consiglieri comunali di Cosenza, Adamo si avvale della collaborazione di Luigi Incarnato, che secondo la Procura, sarà di lì a poco premiato con l'attribuzione delle funzioni di commissario della Sorical. Luigi Incarnato in quel momento non ricopre alcun incarico elettivo e tuttavia, sul piano politico, è mediatore dell’alleanza delle forze opposte ad Occhiuto e impegnate nel condurre una strategia comune in vista dell’imminente scadenza naturale della consiliatura. Infatti, nelle fasi immediatamente successive alla caduta del sindaco, Incarnato assumerà proprio il ruolo di coordinamento del tavolo interpartitico della coalizione di centrosinistra. I contatti tra Incarnato e Adamo si intensificano nella settimana precedente al 6 febbraio, data di sottoscrizione delle dimissioni da parte di 17 consiglieri comunali, con cui si decreterà la fine anticipata di quella esperienza amministrativa. Tra queste firme, figura anche quella apposta da Luca Morrone, presidente del Consiglio Comunale. Secondo la Procura di Catanzaro, che per questo contesta a Morrone, Oliverio e Adamo il reato di corruzione, quella firma era la contropartita di un incarico da vicesindaco nella consiliatura successiva oppure di un incarico professionale tra i ranghi della Regione. La circostanza emerge da una conversazione telefonica intercorsa proprio il 6 febbraio tra Nicola Adamo e Mario Oliverio. Adamo riferisce al governatore di aver incontrato Morrone vicino l’ascensore, all’interno quindi di un non meglio identificato edificio, e di aver concordato con lui, appunto, il ruolo di vicesindaco in un ipotetica amministrazione guidata da Lucio Presta. Oppure, in caso di sconfitta alle elezioni, un incarico regionale.

La drammatica telefonata tra padre e figlio

Quello che però non emerge dalle intercettazioni è con quale Morrone si sia effettivamente interfacciato Adamo in quella circostanza: il più volte consigliere regionale Ennio oppure il figlio Luca? La questione è determinante, per accertare se l’accordo sia stato assunto dal padre Ennio, e non dal figlio per il quale, lo ricordiamo, la Procura aveva chiesto la misura cautelare degli arresti domiciliari. Richiesta rigettata perché il Gip, pur riconoscendo la validità del capo di accusa, ha tenuto conto del fatto che Luca Morrone sia un soggetto incensurato e che la vicenda risale al 2016, per cui non sussiste più il pericolo di reiterazione del reato. Se a parlare con Nicola Adamo fosse stato Ennio Morrone, troverebbero una spiegazione logica le due telefonate, di cui raccontarono all’epoca alcune indiscrezioni giornalistiche, intercorse in quella convulsa giornata, tra Luca Morrone e Mario Occhiuto e poi tra lo stesso Luca Morrone ed il padre Ennio. Nella prima, Morrone avrebbe rassicurato il sindaco sulla propria volontà di garantire la prosecuzione dell’esperienza amministrativa. Nella seconda, dai toni più accesi e drammatici, Ennio Morrone avrebbe imposto al figlio di sfiduciare Occhiuto, minacciando finanche di far firmare al suo posto, davanti al notaio, il fratello gemello, pur di sancire la caduta del sindaco. E sarebbe proprio in seguito a questo travagliato conflitto familiare che Luca avrebbe accettato di firmare.

L’imbroglio ai danni di Enzo Paolini

C’è poi un aspetto irrilevante sul piano penale, ma significativo a livello etico. Enzo Paolini ed i consiglieri comunali riconducibili alle sue posizioni politiche, in particolare Sergio Nucci, Giovanni Cipparrone e Giuseppe Mazzuca, avevano accettato di sottoscrivere la mozione di sfiducia ad Occhiuto, nella convinzione che il centrosinistra lo avrebbe poi indicato in qualità di candidato unitario alla carica di sindaco. O che, perlomeno, lo stesso Paolini avrebbe potuto competere per la candidatura attraverso le primarie. A garanzia di ciò, Paolini aveva preteso ed ottenuto dal segretario Pd Luigi Guglielmelli, un atto formale di indizione delle elezioni primarie, che si sarebbero dovute svolgere il 6 marzo. In realtà, dalle intercettazioni telefoniche tra Adamo, Incarnato e Oliverio, l'ipotesi di una candidatura a sindaco di Enzo Paolini non emerge mai. Al contrario, si fa sempre riferimento al manager dello spettacolo Lucio Presta, amico di Matteo Renzi, sul quale il centrosinistra convergerà ufficialmente soltanto il 19 febbraio. Il progetto poi naufragherà pochi giorni prima della presentazione delle liste.

 

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