Il procuratore di Napoli ha dialogato con gli studenti che frequentano l’istituto Majorana: «TikTok è uno specchietto per le allodole, attenti». Sulla lotta alla mafia. «Con questo sistema giudiziario possiamo contrastarla, ma sconfiggerla è un parolone»
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Occhi attenti, decine di domande e tanta voglia di ascoltare Nicola Gratteri. Un migliaio di studenti dell’Istituto tecnico industriale, professionale alberghiero e tecnico agrario “Majorana” di Corigliano Rossano – molti in presenza nell’aula maglia e gli altri collegati in remoto dalle classi – hanno potuto ascoltare le parole del procuratore capo della Repubblica del tribunale di Napoli, da aprile 2016 a settembre scorso alla guida della Procura di Catanzaro, nel corso della presentazione del suo libro, scritto a quattro mani con Antonio Nicaso, “Il grifone. Come la tecnologia sta cambiando il volto della 'ndrangheta”.
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«È sempre costruttivo, utile e importante parlare ai ragazzi – ha detto il magistrato poco prima che iniziasse l’evento, soffermandosi con i giornalisti – per rassicurarli e soprattutto invogliarli a prendere posizione, a non rassegnarsi, a studiare per costruire il loro futuro».
«Maggiore presenza dello Stato nella Sibaritide»
Sui problemi che attanagliano la Sibaritide, negli ultimi mesi soffocata dalla cappa delle intimidazioni, indirizzate anche a pezzi di politica e società civile e non solo agli imprenditori, Gratteri ha spiegato che nonostante le necessità di presìdi e di forze dell’ordine, «c’è ancora tanto da fare».
«Sono a conoscenza che continua a esserci presenza di polizia giudiziaria di qualità – ha sottolineato il magistrato nell’affrontare i temi del nord-est calabrese – e ritengo che la situazione sia sotto controllo». Rispetto ad una maggiore presenza dello Stato avanzata dal territorio e nel sottolineare l’assenza di un presidio di legalità come il Tribunale di Rossano, soppresso nel 2012 – causa perorata dallo stesso magistrato in commissione parlamentare antimafia nel 2020 – il procuratore di Napoli ha risposto che certe domande bisognerebbe farle alla politica.
«Intanto bisognerebbe ricordare alla politica il blocco delle assunzioni nel 2010 nella pubblica amministrazione ed in particolar modo nelle forze dell’ordine. Bisognerebbe chiedere perché dal 2010 ad oggi non c’è stata maggiore attenzione per questo territorio. Domande a cui non possono rispondere i magistrati, se non sottolineare le criticità. Noi lavoriamo con gli strumenti a disposizione, ma la programmazione su un territorio, se aprire o meno un commissariato di polizia, se aumentare la dotazione delle forze dell’ordine, non dipende da noi ma dal ministero dell’Interno e, per la soppressione dei tribunali, dal ministero della Giustizia. È alla politica che bisognerebbe rivolgere certe domande».
L’invio del Battaglione Calabria a Corigliano Rossano e nella Sibaritide per rispondere all’escalation criminale, dopo una serie infinita di episodi, centinaia di mezzi incendiati intimidazioni a imprese e cantieri pubblici, negli ultimi tre anni, per Gratteri è una «soluzione tampone».
«Mi tranquillizzo quando noto strutture sistematiche, ho bisogno di investigatori per andare alla radice dell’indagine. Il controllo del territorio – ha affermato – è importante ma è come mettere un coperchio al problema. Abbiamo bisogno di molti più investigatori e, quindi, che le scuole di polizia e carabinieri siano più frequentate, così da poter offrire risposte ai territori negli anni successivi, posizionando le forze dell’ordine dove necessitano».
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Tik Tok, uno specchietto per le allodole
Nel corso della conferenza, poi, non sono stati pochi i messaggi educativi proposti agli studenti come strumento di prevenzione nella lotta alla criminalità organizzata. Gratteri ha invitato i giovani a non cadere nelle facili tentazioni ma ha anche lanciato messaggi importanti all’’indirizzo di insegnanti ed della politica.
«Su Tik Tok – ha spiegato rispondendo ad una delle tante domande poste dagli studenti – vediamo i figli dei camorristi che mostrano orologi d’oro, vestiti firmati, suv da 150mila euro. Il messaggio vuole essere “seguimi e diventerai come me”. Questo genere di “inviti” possono raggiungere i ragazzi non strutturati per via delle carenze educative causate da una famiglia, da insegnati non strutturati che in classe guardano l’orologio, e non trasmettono emozioni. L’insegnante deve andare oltre la regola, si deve occupare di voi – ha detto ai ragazzi – deve farvi la “tac” per capire se c’è qualcosa che non va e la scuola deve andare oltre il suo ruolo quando non c’è la famiglia. Vedete, Tik Tok è uno strumento per affiliare, per pescare garzoni da utilizzare nel trasporto della cocaina o le armi. E poi chi ha i soldi ne vuole sempre di più e trascorre una vita infelice perché pensa solo ai soldi».
«Sconfiggere la mafia è un parolone»
Ad una studentessa che ha chiesto se la criminalità possa essere sconfitta, Gratteri ha fatto notare che il sistema giustizia di oggi «può fare passi avanti ed in questi anni a Catanzaro lo abbiamo fatto con importanti azioni di contrasto alla ‘ndrangheta. Forse avremmo potuto fare di più, ma abbiamo liberato i territori. Parlare di “sconfitta” delle mafie, però, è un parolone con questo sistema giudiziario e bisognerebbe avere il coraggio di fare delle riforme. Nella situazione attuale non me la sento di poter dire che possiamo sconfiggere le mafie, perché oltre ad essere un problema c’è da combattere la cultura mafiosa, il modo di comportarsi, la collusione delle classi dirigenti. Se non si tranciano questi cordoni ombelicali, non cambieremo; possiamo apportare migliorie, anche in profondità, ma sconfiggere le mafie resta un parolone».
Gomorra o mare fuori: ma quale arte, quale morale
Una delle ultime considerazioni, anche questa stimolata dagli studenti, Gratteri l’ha rivolta alle serie televisive. «In Gomorra, Mare fuori, non c’è un prete, un poliziotto, tutto fila liscio e mi chiedo a cosa servano queste serie tv. Su questo argomento ho anche scritto un libro e poi sono stato criticato per essere contro l’arte. Ma se la mattina dopo vedo un ragazzo fuori da scuola che assume quegli atteggiamenti, si taglia i capelli e si veste come i protagonisti di quelle serie, ecco la risposta a cosa possano servire quei modelli. E così piuttosto che creare arte si sono creati mostri, facendo compiere passi indietro alla nostra società. Nessuno parli d’arte perché dietro quelle produzioni – ha concluso Nicola Gratteri – non c’è alcuna morale».