Da Milano il grido di aiuto di una fuorisede a nome di tutti coloro che si trovano nella stessa condizione. Senza soldi per mantenere affitti esorbitanti, vivono la quarantena in pochi metri quadrati con conseguenze psicologiche devastanti
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Chiusi in un monolocale da 40 metri quadri a Milano da 54 giorni, con un materasso a terra per dormire e senza più alcuna remunerazione. Claudia Greco è una ventottenne calabrese, una delle tante, rimaste bloccata al nord insieme al suo compagno senza la condizioni per potersi sostenere né potere ritornare a casa.
In una lettera inviata alla governatrice Santelli racconta il suo dramma, un dramma comune a centinaia di altri calabresi, rimasti sospesi in un limbo. «Studio per acquisire una laurea magistrale e lavoro come insegnante di sostegno part time in una scuola primaria (ho quindi ritardi nelle remunerazioni da diverso tempo essendo una supplenza breve e temporanea) – scrive la giovane -. Il mio compagno è un musicista, quindi precario, come tutti i lavoratori dello spettacolo, e con un blocco totale a livello lavorativo da quando è iniziato il lockdown».
«Viviamo chiusi in un monolocale di 40 mq scarsi da 54 giorni, con un ''letto'' soppalcato, cioè un materasso a terra ed una cucina ad induzione da campeggio per la modica cifra di 900 euro al mese. Il due maggio - spiega Claudia - scade il nostro affitto temporaneo. Saremmo dovuti rientrare prima, ma abbiamo richiesto la proroga dell'affitto lo scorso mese per non creare alcun danno alla nostra amata terra, nonostante avremmo comunque rispettato la quarantena andando in isolamento domiciliare nella mia casa a mare».
«Ci hanno espressamente detto che questo non è un motivo valido per rientrare a casa, in Calabria, il tre maggio. Ora le chiedo – scrive Claudia rivolgendosi alla presidente - qual è allora la motivazione giusta per non incorrere in blocchi e sanzioni? Non abbiamo più la possibilità di mantenere un affitto qui, e soprattutto sono 54 giorni che viviamo in questa situazione di disagio, soprattutto a livello psicologico. Dobbiamo essere costretti a vivere in mezzo ad una strada, secondo lei?»
«Le chiedo di dare la possibilità di rientrare a tutte le persone che vivono in queste condizioni, a tutti quei fuorisede che hanno perso il lavoro, a tutti gli studenti e lavoratori precari che hanno famiglie che non riescono più a far fronte alle spese di sostentamento e di affitto, a tutti i ragazzi che sono chiusi in topaie e stanze di 20 mq soli e lontani da ogni affetto. La quarantena non è uguale per tutti - rimarca - e ha effetti devastanti su ognuno di noi, soprattutto le persone più fragili, a livello psicologico e sociale».
«Sono 54 giorni che rispettiamo ogni singolo decreto, senza controbattere. Non abbiamo fatto la scelta affrettata di rientrare giù quel maledetto 5 marzo, come tanti per paura hanno fatto, per tutelare la nostra amata terra. Ma ora – chiosa Claudia - la nostra terra non può voltarci le spalle, non può voltarsi indietro e lasciarci soli».