Il papà di Maria Antonietta Rositani definisce così l’uomo che ha dato fuoco alla donna: «Si è rivelato un mostro». La 42enne intanto si è sottoposta al primo delicato intervento chirurgico al Centro grandi ustionati di Bari
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«Io, 20 anni fa, non avrei mai dato mia figlia ad una persona che si è poi rivelata un mostro». È un papà addolorato, è un papà che non si dà pace, è il papà di Maria Antonietta Rositani, la donna di Reggio Calabria alla quale l’ex marito ha dato fuoco. I familiari sono lì accanto a lei, a darle tutta la forza e il coraggio necessari per affrontare la delicata situazione. Maria Antonietta ha oltre il 50% del corpo ustionato, ha già subito un primo intervento effettuato con l’apporto delle cellule staminali. Maria Antonietta è una donna, una mamma forte che non si arrende neppure di fronte al dolore che non lascia scampo, alle ferite del corpo e dell’anima.
Non può arrendersi, non può farlo soprattutto per i suoi figli per i quali combatte tutti i giorni. E anche la sua Annie, la figlia maggiore, da quel maledetto giorno, si batte facendosi portavoce della madre e promettendo impegno affinché simili episodi non accadano più.
«Per me era come un figlio». Ha dichiarato a Storie Italiane Carlo Rositani, il padre della 42enne ricoverata al Centro grandi ustionati di Bari riferendosi a Ciro Russo, l’ex marito della donna ora in carcere. «Adesso lo definisco un ladro di vita perché ha rubato la sua stessa vita e quella di mia figlia a noi che siamo i genitori e a tutti. Quello che ha fatto non ha giustificazioni. Noi siamo persone per bene, la mia bambina è una persona per bene. Speriamo che la giustizia faccia il suo corso e che questo sia l'ultimo episodio di questo tipo. Maria Antonietta è la mia bambina. Ricordo ancora quando la portavo al parco in carrozzella… E poi a vent'anni si è fidanzata, ha conosciuto quest'uomo, un carabiniere. Lasciò l'Arma dei carabinieri per stare con lei. Pensavamo fosse amore vero. Ma poi – continua Carlo Rositani - come accade spesso, ci fu il primo schiaffo e lei non si ribellò. Poi il quarto e il quinto. E poi si finisce al cimitero o, come mia figlia, qui a piangere».
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