Entro il 23 marzo il senatore coinvolto nell’inchiesta Eyphemos avrà la possibilità di presentare memorie scritte o farsi sentire dalla Giunta per le immunità
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Venti giorni di tempo per presentare una memoria o farsi sentire, dopo si procederà alla votazione sulla richiesta di arresti domiciliari. È questa la temporanea “tregua” che la Giunta per le immunità del Senato ha concesso al senatore Marco Siclari di Forza Italia, indagato per scambio elettorale politico-mafioso nell’inchiesta Eyphemos della Dda di Reggio Calabria. Bugie per il senatore, che con un lungo post su facebook – poi trasmesso diligentemente ai media – si è raccontato vittima di «effetti collaterali devastanti, ingiustificabili e incomprensibili verso la mia persona e la mia famiglia» dopo l’elezione al Senato.
Insomma, un complotto. In realtà, per i magistrati, anche Siclari alle politiche del 2018 avrebbe beneficiato dei servigi del clan Alvaro di Sant’Eufemia, ottenendo in cambio una straordinaria affermazione elettorale. Un accordo – dice l’inchiesta – che per Siclari avrebbe cercato il professionista Giuseppe Antonio Galletta, iniziale trait d’union fra il mandatario elettorale degli Alvaro, Domenico Laurendi, e il politico, sia nella fase in cui l’appoggio elettorale sarebbe stato negoziato, sia nella successiva, quando il clan ha iniziato a battere cassa «Marco, l’amico mio». Le richieste? Assunzioni, posti di lavoro e persino il trasferimento di una dipendente di Poste italiane, parente di un affiliato, impiegata al Nord e desiderosa di tornare “a casa”. Cosa effettivamente avvenuta – hanno dimostrato inquirenti e investigatori – con tanto di posto di lavoro creato ad hoc. Tutte accuse su cui ha riferito con una lunga relazione in Giunta il senatore leghista Francesco Urraro, sulla base degli atti che la Dda ha inviato al Senato.