VIDEO | Il 2019 è l'anno segnato anche dalla maxi inchiesta Rinascita Scott che ha portato a centinaia di arresti e alla mobilitazione di una regione intera che si mobilita e scende in piazza
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Da “mamma coraggio” Angela Casella, che veniva in Calabria per chiedere la liberazione del figlio sequestrato, alla Vibo Valentia che urla in piazza la sua voglia di “Rinascita” dopo gli arresti dell’operazione eseguita dai carabinieri.
C’è una lunga storia di mobilitazione civile che dal 1989 confluisce fino oggi, e che il procuratore Nicola Gratteri ormai sintetizza ogni volta che può: il calabrese medio non è omertoso – afferma il magistrato in ogni occasione - ma vuole trovare servitori dello Stato credibili con cui parlare.
Ma non è stato sempre così partecipato e palese il fronte della mobilitazione collettiva, e oggi sembra esserne passata tanta voce dagli altoparlanti in piazza da quando, la mamma di Cesare Casella da Pavia scendeva in Calabria per chiedere – con timidissime partecipazioni pubbliche – la fine dell’onta dei sequestri. L’abbiamo chiamata mamma coraggio, e quelli che se la sentivano di stare al suo fianco e di farsi vedere – soprattutto a Reggio Calabria, di meno quando saliva sulle prigioni dell’Aspromonte – lo facevano appunto per affidarle, senza clamore, anche un messaggio di speranza per tutti.
Una regione che, grazie anche ai mezzi di informazione, oggi riesce a dimostrare una maggiore capacità di vigilanza, una dichiarata prontezza come fu 3 anni fa in occasione dei fatti di Melito Porto Salvo. C’erano stati gli arresti di un branco, che ripetutamente aveva stuprato una ragazzina. All’epoca fu il procuratore di Reggio, Federico Cafiero De Raho, a chiedere che venisse infranta la campana falsamente protettiva - fatta di paura e complicità del contesto sociale – e la regione rispose con una grande manifestazione che vide fianco a fianco le istituzioni, la chiesa, le associazioni, talmente ben augurante che vi partecipò anche il magistrato che aveva lanciato l’appello. Punti fermi nella storia di un flusso emotivo che diventa pratica civile consolidata, oggi sempre più possibile perché la voglia di liberarsi dal giogo masso-mafioso si è emancipata anche da un grosso limite avuto negli anni.
C’era un tempo in cui il no alla mafia aveva colori politici precisi e forme aggregative che sembravano partigiane. Oggi, la fiducia nei magistrati in trincea irrobustisce un fermento trasversale alle forze politiche. Nelle piazze non c’è più l’utopia di pochi, o la romantica manifestazione di un sogno libertario: c’è il calabrese di ogni classe sociale e fede politica, che come dice Gratteri vuol rinascere perché non è più considerato omertoso.