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Pochi giorni fa, il gup del Tribunale di Reggio Calabria, Domenico Santoro, ha sancito ufficialmente ciò che era ormai noto da tempo: il procedimento a carico dei dirigenti del Comune reggino, indagati per il famigerato “caso Fallara” è franato sotto la mannaia della prescrizione. Il calcolo del tempo trascorso dalla presunta commissione dei reati non ha lasciato scampo al lavoro dei magistrati della Procura reggina, che hanno fatto di tutto pur di non arrivare a questa conclusione. Tuttavia, è un dato di fatto che qualcosa non ha funzionato per il verso giusto nella macchina della giustizia. Così, se per il solo Giuseppe Granata è arrivato il rinvio a giudizio (avendo scelto il rito ordinario), anche per lui si profila un “non doversi procedere” già nella prima udienza del dibattimento. Situazione diversa per altri dirigenti, fra cui Marcello Cammera, che invece vedono la posizione stralciata.
Processo “Fallara bis”, 8 prescrizioni e un rinvio a giudizio
Si può senza dubbio affermare, dunque, che a pagare per quello che molti definiscono il “sacco di Reggio” – al momento – sono solo l’ex sindaco Giuseppe Scopelliti e gli ex revisori dei conti, condannati in primo grado a pene piuttosto pesanti. Certo, ci si sarebbe aspettati probabilmente un processo unico per tutti, la possibilità di vedere alla sbarra non solo l’ex sindaco ma anche quelli che (stando alle emergenze processuali) con lui avrebbero contribuito a creare una situazione drammatica nelle case di Palazzo San Giorgio. Ed invece si è optato per un percorso diverso. Una suddivisione in due tronconi, contestando ai dirigenti accuse che non hanno potuto trovare riscontro processuale per la mancanza di tempo. Così, Franco Zoccali, Saverio Putortì, Domenico Gangemi, Domenico Macrì, Egidio Surace, Vincenzo Cuzzola, Orazio Palamara, Giancarlo Cutrupi e Fedora Squillaci hanno giustamente usufruito dell’istituto della prescrizione previsto dalla legge.
È bene però ricordare un aspetto che potrebbe non essere secondario. Noi non sappiamo se le condotte dei dirigenti abbiano integrato un reato di natura penale. Di certo, c’è che esiste ancora una via che potrebbe seguire solo e soltanto il Comune di Reggio Calabria, affinché si accerti se vi sono stati dei danni arrecati dall’operato dei dirigenti in questione. Eh sì, perché se è vero che i reati di tipo penale sono andati in prescrizione, il sindaco Giuseppe Falcomatà potrebbe benissimo decidere d’intraprendere un’azione civile risarcitoria nei confronti di coloro i quali ora escono definitivamente dall’area della rilevanza penale.
Insomma, il sindaco della città metropolitana – alle prese in queste ore con la querelle del Ponte sullo Stretto – ha la facoltà di non mettere la parola “fine” a questa vicenda, ma far valutare il possibile ricorso all’azione civile. Che – dalla sua – ha sicuramente una maggiore elasticità di tempi e procedure, rispetto al rigore imposto dall’ambito penale.
Sia chiaro: noi non vogliamo assolutamente che ci siano dei colpevoli a tutti i costi. Ma – da cittadini, prima ancora che da giornalisti – vorremo capire se qualcuno ha agito in violazione della legge, con soldi pubblici. E se l’ha fatto, che sia obbligato a risarcire il danno prodotto alla comunità che, ancora oggi, sconta piani di lacrime e sangue dopo le spese allegre del “Modello Reggio”.
Ecco, in questo caso per il sindaco Falcomatà ci saranno solo due opzioni: “azione civile sì”, “azione civile no”. Non sono ammesse terze vie. I cittadini sono molto ansiosi di capire se Palazzo San Giorgio intenda andare sino in fondo a questa vicenda, anche a costo di creare non pochi malumori fra i dirigenti stessi, o se invece ritenga opportuno soprassedere e far finta di nulla. Siamo certi che la risposta del sindaco non tarderà ad arrivare.
Consolato Minniti