Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Gli inquirenti cercano un corpo che non si trova e una verità sempre più sfuggente. Dov’è? Chi ha rapito? Chi ha ucciso Maria Chindamo? Dal 6 maggio 2016, un giallo sul quale le ombre, anziché diradarsi, si sono addensate.
La chiave, il procuratore Bruno Giordano, il pm Concettina Iannazzo e i carabinieri di Vibo Valentia, continuano a cercarla partendo dal contesto familiare: la scomparsa, ad un anno dal suicidio del marito, che non sopportò la separazione da Maria, potrebbe non essere solo una coincidenza.
E poi, cosa c’era scritto e quanto è attendibile la lettera anonima pervenuta a don Pino Demasi, il sacerdote antimafia di Polistena. Nello scritto, subito consegnato agli inquirenti, erano svelati presunti retroscena del delitto?
Maria aveva paura di qualcuno o di qualcosa? Certamente molte cose della vita di Maria sa l’amica di origini campane, residente a Bologna, che la notte prima della scomparsa dell’imprenditrice ospitò nella casa di famiglia a Laureana.
Sarebbe stata l’amica del cuore, la sua confidente, che dal 7 maggio - però - ha interrotto ogni contatto con la famiglia Chindamo, sfuggendo anche ai giornalisti. Cos’ha riferito, invece all’autorità giudiziaria? E’ stata in grado di spiegare se Maria fosse turbata da qualcosa? Di spiegare magari quel post di Maria su Facebook, aforisma di Oriana Fallaci: “Il coraggio è fatto di paura”.
Misteri, enigmi, rispetto alla cui risoluzione il Procuratore della Repubblica di Vibo Valentia Bruno Giordano si dice ottimista, pur con tutte le cautele del caso. «Le indagini sul caso Chindamo - ha riferito in un’intervista rilasciata a LaC News24 e al Vibonese - sono cominciate in maniera ossessiva tale era la volontà di venirne a capo fin dal primo momento. Io mi sono innestato su un solco ampiamente arato, e devo dire che stiamo lavorando costantemente e in maniera molto attenta cercando di percorrere quelle strade che erano apparse più marginali noi invece le abbiamo percorse fino in fondo. Ora attendiamo i risultati».
Quindi la considerazione sull’approccio al caso: «L’ottimismo deve far parte dell’attività di un investigatore e deve essere corredato da una buona dose di fortuna. Personalmente preferisco affidarmi alla serietà del lavoro svolto, l’ottimismo è un atteggiamento piscologico che ci deve comunque accompagnare ma ci vuole anche un pizzico di buona sorte per venire a capo delle situazioni».