Dopo la diffusione della bozza di decreto del presidente del Consiglio Conte in cui si annunciava la chiusura della Lombardia e di altre 11 province, si è scatenato il caos. A Milano è stata una corsa all’ultimo treno verso il Sud. La testimonianza e l’appello di chi resta al nord per tutelare la famiglia e la propria terra di origine
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«Mi mancano i miei genitori, sempre. Ma non mi verrebbe mai in mente di prendere una valigia ora e rischiare di fare del male a loro o a chiunque mi incontri sulla sua strada». Eva è calabrese, della provincia di Cosenza, ma vive e lavora a Milano ormai da molti anni. In quella che ormai è diventata la sua seconda casa, sono oltre 300 i casi di coronavirus accertati.
C'è chi resta, nonostante la paura
La paura è tanta, ma non ha ceduto alla tentazione di tornare nella sua città natale, anche se la sua attività le permetterebbe di poter lavorare da casa con il suo pc. Ieri sera la diffusione della bozza di decreto del presidente del Consiglio Conte in cui si annuncia la chiusura della Lombardia e di altre 11 province. È esodo di massa. Scene di panico e corsa all’ultimo treno o pullman verso il Sud. È l’inferno in stazione e all’interno dei treni, dove per tutta la notte i passeggeri hanno viaggiato stipati come sardine anche nei corridoi dei vagoni, favorendo eventuali contagi, in spregio a tutte le direttive di sicurezza. E non sono mancati momenti di tensione.
Eva da Milano
Neanche ieri sera Eva ha pensato di fare la valigia e tornare dalla sua famiglia. Ha deciso però di affidare ad un post su facebook il suo pensiero facendo appello alla responsabilità: «La mia famiglia è tutto per me. I miei amici me li sono portata dietro nelle cose che ho imparato. E li amo tutti. Non mi verrebbe mai in mente di prendere una valigia ora e rischiare di fare del male a loro o a chiunque mi incontri sulla sua strada. Io sto bene. Ma non mi sogno nemmeno di avere anche solo l'uno per cento di possibilità di fare del male a chi amo. Pensate a quello che fate mentre decidete di correre a casa. Il decreto restrittivo non è ancora stato approvato e leggo di scene assurde in stazione. Ma anche di gente che affolla i pub, o le zone sciistiche o i centri commerciali. Cosa non si capisce nella frase “siate responsabili?”.»
Roberta da Roma
Tanti i calabresi che vivono nel centro e nel nord d’Italia che hanno deciso di non rientrare in regione e che sfogano sui social la rabbia su chi invece ha fatto prevalere l’egoismo alla responsabilità: «Se il contagio non rallenterà, ma si diffonderà al sud e i vostri cari e i vostri conterranei si ammaleranno e in parte moriranno, - ha scritto Roberta, catanzarese che vive a Roma -l'economia italiana non si riprenderà più, torneremo tutti più tardi alla vita normale, molta della colpa sarà vostra maledetti incoscienti!!! Voi non amate il vostro paese, la vostra terra e i vostri cari, siete solo dei piagnoni egoisti!».
Gli irresponsabili
Chi ha deciso di tornare al sud, ed in modo particolare in Calabria ha messo a repentaglio non solo la propria sicurezza, ma anche quella dei propri cari. La sanità nella nostra regione era già in difficoltà prima di questa emergenza. Tanto che la presidente Santelli, questa mattina, ha dichiarato in una nota che «la sanità, come quella calabrese, vessata da anni da tagli selvaggi, non è in grado di reggere una situazione di totale emergenza».