La famiglia pagò anche il riscatto, ma il fotografo non feca mai più ritorno a casa. La figlia Deborah: «Mio padre aveva ricevuto richieste di pizzo, ma non volle mai pagare»
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La storia di Lollò Cartisano è una di quelle ferite che difficilmente la Calabria potrà rimarginare, che affonda le radici nella stagione più sanguinosa dei sequestri di persona. «Era la stagione in cui la Locride era terra di turismo – ricorda la figlia Deborah – poi, con gli alberghi occupati dai corpi speciali dello Stato, in Calabria per combattere la ‘ndrangheta, tutto questo pian piano è scomparso».
Originario di Bovalino, Cartisano era stato in gioventù una delle punte di diamante della squadra del Mazara. Successivamente era diventato un fotografo di talento, cimentandosi anche in diversi reportage all’estero. Quando viene sequestrato si trova davanti al suo appartamento al mare di Bovalino. «Nel periodo precedente a casa si respirava aria di preoccupazione – racconta ancora la figlia -. Dopo alcuni mesi chiedo spiegazioni e mio padre mi racconta tutto, delle richieste di pizzo che lui non voleva pagare, alle denunce presentate alle forze dell’ordine».
Scomparve nel luglio del 1993 e non fece mai ritorno a casa Adolfo Cartisano. La sua famiglia pagò anche il riscatto, e solo diversi anni dopo, grazie ad un pentito, venne indicato il punto in cui si trovavano i suoi resti e venne celebrato il suo funerale.