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Dopo tre anni dall’inizio del processo si è chiuso con due condanne e un’assoluzione il primo capitolo giudiziario sulle bombe di Reggio, fatte esplodere cinque anni fa contro la Procura generale della città sullo stretto, l’abitazione del procuratore generale Salvatore Di Landro, senza dimenticare l’intimidazione all’ex procuratore di Reggio, Giuseppe Pignatone, ora a capo della Procura di Roma con un bazooka fatto trovare davanti la sede della Dda reggina .
Dopo un’ora di camera di consiglio il Tribunale collegiale di Catanzaro, presieduto da Anna Maria Raschellà ha sentenziato 8 anni, 6 mesi di reclusione e 2mila euro di multa per Luciano Lo Giudice, considerato l’istigatore, il fratello di Antonino, detto il nano, boss dell’omonima cosca; 5 anni, 8 mesi e 1500 euro di multa per Antonio Cortese, considerato il bombarolo della cosca, tutti e due presenti in videoconferenza alla lettura del dispositivo. Entrambi interdetti in perpetuo dai pubblici uffici, tenuti al risarcimento delle parti civili, tra cui, il Comune di Reggio Calabria e il Ministero della Giustizia. Assolto invece Vincenzo Puntorieri, considerato dall’accusa l’esecutore materiale della strategia della tensione, per non aver commesso il fatto. Una sentenza che lascia l’amaro in bocca al difensore di Lo Giudice, Aldo Casalinuovo, che attenderà i novanta giorni previsti per il deposito della motivazione della sentenza per proporre appello.
Il collegio ha confermato quasi in toto le richieste del pm Domenico Guarascio, che in aula il 30 novembre scorso, al termine della requisitoria in cui ha ripercorso i fatti che hanno determinato quella che è stata definita la strategia della tensione, aveva invocato 10 anni di carcere e mille euro di multa per Luciano Lo Giudice,9 anni e mille euro di multa per Antonio Cortese e 6 anni e mille euro di multa per Vincenzo Puntorieri. Sarebbe stato proprio il nano, il pentito atipico a fornire nomi e cognomi di chi avrebbe materialmente piazzato l’ordigno del 3 gennaio di 5 anni fa davanti agli uffici di via Cimino, quello del 26 agosto seguente all’ingresso dell’abitazione del procuratore generale Di Landro e il bazooka fatto ritrovare il 5 ottobre dello stesso anno a poche centinaia di metri dal Cedir, sede della Direzione distrettuale Antimafia di Reggio. Salvo poi ritrattare la sua versione dei fatti in un memoriale, scappare dalla località protetta, per finire di nuovo in manette, preferendo il carcere.
Gabriella Passariello