In piazza c’è chi dice che «gli arrestati non sono mafiosi», poi qualcuno rifiuta di commentare «perché io sono amico di tutti», e infine chi, rispetto al coraggio di 13 polistenesi che hanno denunciato, afferma «Non so che dire». Appare ancora tramortita Polistena, a tre giorni dall’operazione della Dda Libera Fortezza, che ha spezzato il nuovo assoggettamento al clan Longo-Versace.

L'operazione contro il clan Longo-Versace

La cittadina del Reggino fa i conti con insospettabili cointeressenze che i magistrati hanno messo a verbale, come monito, illustrando anche la posizione di un prete – non indagato – che ha avuto timore di denunciare uno del clan che lo aveva fatto bersaglio di un danneggiamento. Nel municipio ci riceve il sindaco Michele Tripodi, che la pervasività del clan l’aveva già contrastata nel 2011 quando costituì parte civile l’ente in occasione del primo processo – Scacco Matto si chiamò l’operazione dell’epoca – contro una cosca rimasta potente grazie alle nuove leve.

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Il Comune di Polistena parte civile

«Anche questa volta saremo parte civile – spiega il primo cittadino – anche per stare al fianco dei concittadini coraggiosi che hanno denunciato in sistema criminale». Ruotava intorno all’usura, il rilancio economico del clan e i magistrati della procura guidata da Giovanni Bombardieri, nelle oltre 2000 pagine dell’ordinanza, hanno voluto sottolineare come l’indagine sia proprio partita dalla denuncia ai carabinieri presentata da un imprenditore contro chi, nelle intercettazioni, dichiarava apertamente di godere di buone entrature nell’ufficio postale cittadino e nella filiale del Banco di Napoli.