«Un network di imprenditori molto strutturato che viaggiava a braccetto con i sodalizi criminali». Questa l'origine dell'inchiesta Basso Profilo istruita dalla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. «La circostanza che fossero imprenditori incensurati determina quella che noi chiamiamo la mimetizzazione imprenditoriale - ha spiegato il vicedirettore della Dia, Vincenzo Altiero -. In questa indagine noi abbiamo due figure altamente strategiche: il mafioso imprenditore e l'imprenditore mafioso. L'indagine ha preso in esame un network di composto da 256 aziende che attraverso il meccanismo dell'utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ha realizzato un volume di affari di centinaia di milioni di euro. La mimetizzazione rende molto più difficile scovare l'imprenditore colluso, la circostanza che poi venissero create delle società ad hoc attraverso la compiacenza di un notaio coinvolto nell'indagine determina una pervasività ancora più evidente».

Il notaio 

È Rocco Gugliemo, notaio catanzarese, ad essere finito nel calderone dell'inchiesta. Attinto dalla misura del divieto di dimora e da una interdizione a svolgere l'attività per un anno si sarebbe messo a disposizione dell'associazione redigendo atti notarili rigurdanti società fittiziamente intestate a cittadini stranieri e, nello specifico, albanesi. Tra il 30 maggio e il 14 giugno, gli investigatori registrano innumerevoli intestazioni fittizie che hanno visto coinvolto proprio lo studio notarile Guglielmo. La procedura ricostruita dalla Procura consisteva nell'arrivo in Calabria di cittadini albanesi che dovevano munirsi di documenti per la sottoscrizione degli atti e in seguito recarsi dinnanzi al notaio «compiacente».

Società di albanesi

In particolare, Rocco Guglielmo avrebbe ignorato che i cittadini stranieri non parlavano la lingua italiana, in ciò mostrando «il suo pieno coinvolgimento». Le stipule degli atti sono avvenute in due diverse giornate. Nella prima era avvenuta la stipula di cinque atti, nella seconda sei. In entrambe le giornate la distanza temporale di ciascun atto dal successivo è di dieci minuti. Durante la stipula degli atti non interveniva alcun interprete a fronte della acclarata non conoscenza della lingua italiana dei diversi albanesi.