Autobomba di Limbadi, nessuna protezione armata per Rosaria Scarpulla - VIDEO

Le parole dell’avvocato De Pace che smentisce le notizie diffuse da alcuni organi di stampa. Alla madre di Matteo la Prefettura ha però assicurato un servizio di vigilanza. Ancora ricoverato, Francesco Vinci non sa che il figlio è morto
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di P. C.
28 aprile 2018
10:37

«Nessuna scorta, tutela o protezione armata è stata disposta per la signora Rosaria Scarpulla», è quanto afferma l’avvocato Giuseppe Antonio De Pace in ordine alle notizie apparse su alcuni organi di stampa. Alla madre di Matteo Vinci («che è una testimone fondamentale e va assolutamente protetta»), il 42enne ucciso dall’autobomba esplosa il 9 aprile scorso a Limbadi, il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal prefetto Guido Longo ha assicurato però un dispositivo di vigilanza che prevede un monitoraggio costante dell’abitazione e dei luoghi frequentati dalla donna.


L’attentato del 9 aprila oltre a spezzare la vita del figlio di Rosaria Scarpulla, ha ferito gravemente suo marito, Francesco Vinci. Le sue condizioni migliorano ma allo stato – spiega l’avvocato De Pace - «Francesco Vinci ancora non sa che il figlio è morto. È ricoverato in terapia intensiva, in un ambiente protetto. Protetto anche sul piano psicologico. Io ho parlato con il primario del reparto e mi ha spiegato che apprendere una notizia del genere, in queste condizioni psicofisiche, potrebbe avere effetti devastanti».



L’avvocato De Pace - che ribadisce la sua assoluta fiducia nella Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, nella Prefettura, negli apparati investigativi e nelle forze di polizia - spiega di voler continuare la sua battaglia affinché all’aggressione del 30 ottobre scorso, che già una prima volta aveva mandato in terapia intensiva Francesco Vinci, sia riconosciuta l’aggravante dello scopo e del metodo mafioso. Lo stesso legale della famiglia Vinci accusa in maniera diretta anche le istituzioni «politiche», perché – dice – «dalla politica abbiamo avuto un silenzio assordante e inaccettabile su un caso che doveva smuovere le coscienze».

 

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Giornalista
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